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pianodigitale.pngDal 18 al 20 gennaio a Bologna si è svolto "Futura", un evento organizzato da Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Miur) per fare il punto sui primi dueanni del Piano Nazionale Scuola Digitale e rilanciare le politiche per l’innovazione del sistema educativo. Fra i partecipanti ai lavori c'era anche Andriano Fabris, ordinario di Filosofia morale al dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, che in questi anni è stato consulente del MIUR per il Piano Nazionale Scuola Digitale sul tema dell'etica delle tecnologie, con particolare riferimento al loro utilizzo in ambito didattico.

Pubblichiamo di seguito un suo breve intervento.

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In che modo l’utilizzo dei dispositivi tecnologici può contribuire all’apprendimento nel caso delle giovani generazioni? Lo può fare per tutte le discipline? Lo può fare qualunque sia l’età degli studenti? Sono domande che da tempo interessano non solo gli studiosi dell’educazione, ma anzitutto gli insegnanti.

Le risposte che a tali domande sono state fornite, in vari paesi del mondo, risultano talvolta diverse fra loro. Comune, però, è la consapevolezza che sia necessario affrontare il problema. Ecco perché il MIUR ha istituito un gruppo di lavoro che ha individuato alcune linee guida sull’argomento. Ho fatto parte di questo gruppo – composto da scienziati, filosofi, pedagogisti, insegnanti, ricercatori – e ho contribuito a redigere il “decalogo” che è stato presentato lo scorso fine settimana.

Di che cosa si tratta? Il punto di partenza è dato dalla constatazione che gli strumenti tecnologici non sono semplicemente dei mezzi di comunicazione, ma costituiscono le chiavi d’accesso a un ambiente che è caratterizzato da una grande attrattività, che incide in maniera profonda nelle vite degli studenti e che non può essere semplicemente rigettato o messo in concorrenza rispetto all’ambiente formativo. La competizione, infatti, sarebbe già perduta in partenza.

Perciò è necessario pensare a una didattica che includa, non già che escluda l’utilizzo dei devices tecnologici, e che se ne serva. Dev’essere perseguita cioè una vera e propria integrazione del loro uso nel contesto della formazione. La questione centrale, però, riguarda come dev’essere concepita e realizzata questa inclusione. Ci dev’essere infatti un punto di equilibrio tra le esigenze dell’apprendimento e le opportunità a cui danno accesso gli apparati tecnologici. Si tratta di opportunità che hanno di solito risvolti ludici o commerciali. L’apprendimento è certo altra cosa. Proprio perciò è necessario distinguere un uso pubblico e un uso personale degli strumenti digitali, e regolamentarli in maniera adeguata e condivisa.

Su questi punti il dibattito si sta oggi sviluppando. Ed è un bene: perché sarebbe non solo illusorio, ma proprio sbagliato, assumere nei confronti delle tecnologie un atteggiamento proibizionistico. Sarebbe come, di fronte all’esistenza di disturbi alimentari, costringere tutti al digiuno, invece che educare a corrette forme di nutrizione.

Adriano Fabris

Più di sei mesi, è questo il tempo che serve al mare per “smaltire” le cosiddette buste ecologiche di nuova generazione. Senza dimenticare poi che la plastica biodegradabile di cui sono fatte può comunque alterare lo sviluppo delle piante e modificare alcune importanti variabili del sedimento marino come ad esempio ossigeno, temperatura e pH. Sono queste alcune delle conclusioni di uno studio condotto da un team di biologi dell’Università di Pisa e pubblicato sulla rivista scientifica “Science of the Total Environment”. Il gruppo composto da Elena Balestri, Virginia Menicagli, Flavia Vallerini, Claudio Lardicci ha ricreato un ecosistema in miniatura per analizzare i potenziali effetti diretti o indiretti dell’immissione nell’ambiente marino delle nuove buste in bioplastica, la cui diffusione si prevede possa aumentare nei prossimi anni fino a raggiungere livelli simili a quelli delle buste tradizionali.


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Il gruppo di ricerca, da destra Flavia Vallerini, Virginia Menicagli, Claudio Lardicci, Elena Balestri


“La nostra ricerca si inserisce nel dibattito sul “marine plastic debris”, cioè sui detriti di plastica in mare, un tema globale purtroppo molto attuale – spiega il professore Lardicci dell’Ateneo pisano – quello che abbiamo potuto verificare è che anche le buste biodegradabili di nuova generazione attualmente in commercio hanno comunque tempi di degradazione lunghi, superiori ai sei mesi”.


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Andamento della degradazione


Come specie modello i ricercatori hanno selezionato due piante acquatiche tipiche del Mediterraneo, la Cymodocea nodosa e la Zostera noltei, valutando quindi la loro risposta a livello di singola specie e di comunità rispetto alla presenza nel sedimento di della bioplatica compostabile. Lo studio ha quindi esaminato il tasso degradazione delle buste e alcune variabili chimico/fisiche del sedimento che influenzano lo sviluppo delle piante.

“Ad oggi la nostra ricerca è l’unica ad aver valutato i possibili effetti della presenza di bioplastiche sui fondali marini e sulla crescita di organismi vegetali superiori – conclude Lardicci – i rischi di una possibile massiccia immissione di plastiche cosiddette “biodegradabili” nei sedimenti marini e gli effetti diretti e indiretti del processo di degradazione sull’intero habitat sono aspetti in gran parte ignorati dall’opinione pubblica e non ancora adeguatamente indagati dalla letteratura scientifica”.

 

La prima vittoria sul campo è stata lo scorso dicembre alla Maker Faire di Roma quando la App “Tennis Commander” ha vinto il contest “Play it easy” indetto dal Coni. Da lì si è aperta la strada per una collaborazione con il Comitato olimpico nazionale italiano con l’obiettivo di utilizzare questa innovativa applicazione nelle strutture federali e nei circoli.

“Tennis Commander è il primo software per smartwatch che serve a monitorare e migliorare le performance dei tennisti”, spiega il professore Giuseppe Prencipe, Ceo dello spin-off dell’Università di Pisa che ha realizzato la App.


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La premiazione alla Maker Faire

In pratica, i movimenti e il gesto tecnico dei tennisti sono monitorati dallo smartwatch indossato durante la sessione di gioco che elabora i dati raccolti in tempo reale fornendo così un vero e proprio “supporto strategico” al giocatore.

“Dopo la vittoria alla Maker Faire – conclude Prencipe - abbiamo avviato un dialogo fattivo con il Coni e da gennaio l’idea è appunto quella di stabilire una road-map sia tecnica che finanziaria che possa portare a far compiere un passo avanti all'intero progetto”.

 

Per otto anni, dal 2008 al 2016, un’equipe di etologi dell’Università di Pisa ha monitorato gli spostamenti nel Mediterraneo di otto tartarughe comuni (Caretta caretta) per capire preferenze e abitudini di questa specie. E così ha scoperto che Crudelia, Obelix, Olivia e Honolulu (questi i nomi di alcuni esemplari) amano nuotare soprattutto nel golfo di Napoli, ma spaziano anche nell'area compresa tra la Campania, la Calabria e la Sicilia e se possono soggiornano volentieri nelle immediate vicinanze delle “seamounts”, cioè le montagne sottomarine la cui sommità può arrivare a poche centinaia o decine di metri dalla superficie.

La ricerca, finanziata dall’Università di Pisa con i fondi PRA, dalla Regione Toscana e dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e condotta in collaborazione con il Centro per la conservazione delle tartarughe marine di Grosseto, è stata appena pubblicata sulla rivista scientifica “Marine Biology” ed è uno dei pochi studi che fornisce informazioni dirette sull’ecologia e i movimenti delle tartarughe comuni nei mari a ovest della nostra penisola.

 

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“L’identificazione di una zona marina utilizzata preferenzialmente dalle tartarughe comuni giovani, fornisce informazioni utili non solo per migliorare la conoscenza scientifica di fasi poco conosciute del ciclo di questa specie – spiega il professor Paolo Luschi dell’Ateneo pisano - ma anche per suggerire possibili misure di conservazione e tutela nella stessa area, ad esempio attraverso la diffusione di informazioni tra i pescatori sul tipo di reti e ami da impiegare per la pesca”.

Per ricostruire i movimenti delle otto tartarughe i ricercatori hanno applicato delle piccole trasmittenti sul carapace di ogni esemplare e utilizzato tecniche di telemetria satellitare tramite Argos, un sistema franco-americano di rilevazione a distanza della posizione degli animali, che si avvale di satelliti posti in orbita polare.


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Le tartarughe protagoniste della ricerca, tutte di taglia medio grande (con un carapace lungo più di 60 cm) e quindi in fase giovanile avanzata, erano state catturate accidentalmente, soprattutto da pescatori, e riabilitate in centri di recupero in Toscana e Campania. Dopo il rilascio, avvenuto vicino alle rispettive località di cattura, hanno raggiunto con movimenti veloci e diretti l’area marina compresa tra la Sicilia, la Sardegna e la costa occidentale della penisola Italiana, nella quale sono rimaste per l’intero periodo di osservazione.

“E’ di rilievo – conclude Luschi - il fatto che gli individui studiati, che erano rimasti in riabilitazione nei centri di recupero per vari mesi prima del rilascio, non abbiano mostrato alcuna evidente alterazione del loro comportamento a seguito del periodo di degenza”.

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Nelle foto il rilascio di due delle tartarughe studiate dai biologi dell'Università di Pisa

Taglio del nastro oggi per il Sino-Italian Information Engineering (SIIE), il laboratorio congiunto tra il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e l’Institute of Space Long March Vehicle di Pechino (BISLMV), parte del China Aereospace Science and Technology Corporation. L’accordo, firmato oggi dai direttori dei due istituti in presenza del rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella, e del prorettore alla cooperazione e relazioni internazionali, Francesco Marcelloni, si occuperà di ricerche su elettromagnetismo applicato, elettronica e nanotecnologie.

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“L’accordo – afferma Giuseppe Anastasi, direttore del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione – è il risultato di una collaborazione tra il nostro istituto e il BISLMV, che dura ormai da diversi anni, e che è stata avviata dal professor Agostino Monorchio in occasione di diverse visite a Pechino per seminari avanzati sui temi di materiali artificiali con proprietà elettromagnetiche e superfici “intelligenti”, in grado di deviare le onde elettromagnetiche in maniera opportuna per realizzare filtri spaziali, invisibilità a microonde e antenne nascoste. Formalizzare questa collaborazione faciliterà ulteriormente scambi fruttuosi di ricercatori e conoscenze e ci darà la possibilità di accedere varie forme di finanziamento alla ricerca. Oltre a questa, il dipartimento vanta una lunga tradizione di collaborazioni con grandi istituti internazionali su tutti i temi connessi all’ICT”.

L’istituzione del Laboratorio congiunto prevede, oltre ad attività di ricerca congiunta e la possibilità di studiare progetti di frontiera che possono ottenere finanziamenti da varie linee di ricerca, cinesi ed europee, la permanenza a Pisa di due ricercatori all’anno provenienti dall’Istituto di Pechino, la visita in Cina di docenti e ricercatori dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, nonché la creazione di corsi di formazione sulle tematiche di ricerca del laboratorio.

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Il Beijing Institute of Long March Vehicle (BISLMV) è stato fondato nel 1971, ed è parte del China Aereospace Science and Technology Corporation (CASC). Costitutito da più di 600 membri, l’Istituto si occupa di sviluppo di veicoli spaziali, impiego di rilevatori spaziali, meccatronica e tecnologie dell’Informazione. Al suo interno sono attivi corsi di dottorato e linee di ricerca post dottorato. IL BISLMV è anche sede dei laboratori nazionali di Scienza e Tecnologia e di matematica Numerica

Il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DII) dell’Università di Pisa è un centro di eccellenza internazionale per la ricerca e l’alta formazione nel campo dell’ICT (Information and Communication Technology), della Robotica e della Bioingegneria. Il DII Può vantare solide collaborazioni con le principali aziende del settore, a livello locale, nazionale e internazionale, e con istituzioni pubbliche e private, per proporre soluzioni innovative in diversi settori dell’ICT, e per colmare il divario tra ricerca accademica e industriale. Le attività di ricerca del Dipartimento hanno generato 6 aziende spin-off, e vedono i suoi docenti e ricercatori coinvolti in circa 23 progetti di ricerca Europei, in aggiunta ad altri progetti internazionali, nazionali e regionali. Il DII svolge un’intensa attività didattica, rivolta a circa 4000 studenti e un centinaio di dottorandi, organizza due master, rispettivamente in Cyber-security e in Elettro-acustica e sue Applicazioni, e una Summer School su Enabling Technologies for the Internet of Things.

Sono dodici gli studenti, tra civili e personale della Marina Militare, che oggi hanno ricevuto il diploma del master di II livello in Elettroacustica subacquea e sue applicazioni (EAS) dedicato alla progettazione di sistemi sonar, i sistemi che permettono di rivelare la presenza di oggetti in ambiente marino e consentono ai veicoli subacquei di comunicare tra loro e con l’esterno, sfruttando onde acustiche, dato che l’acqua impedisce la propagazione di altri tipi segnali.

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Foto dei diplomati della terza edizione del master, con i rappresentanti della Marina Militare e del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione.

Il percorso EAS – afferma Fulvio Gini, professore del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e direttore del master – è stato pensato per mettere a punto le competenze nell’ambito della progettazione di sistemi subacquei di nuova generazione, che avranno sempre più applicazioni in futuro, dal monitoraggio dell’ambiente marino e costiero, ad attività connesse all’installazione e alla manutenzione di condotte per idrocarburi e di comunicazione, sino allo sviluppo di apparati di sorveglianza e difesa delle acque”.

Il master EAS è gestito dal dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell’Università di Pisa in collaborazione con l'Accademia Navale di Livorno, con il Centro di Sperimentazione e Supporto Navale (CSSN) e con il Centre for Maritime Research and Experimentation (CMRE) di La Spezia, a cui si aggiunge il sostegno di aziende come Leonardo, Kongsberg Maritime, Calzoni L3 e Logicka.

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Da sinistra: Fulvio Gini (DII), Ruggero Reggiannini (DII), Ettore Ciaccia (Accademia Navale di Livorno), Andrea Caiti (DII), Luca Rainone (Accademia Navale di Livorno).

QBrobotics srl, spin off dell’Università di Pisa, ha vinto il primo premio start up innovativa nell’ambito della competizione ‘Innovazione Toscana’, un’iniziativa lanciata quest’anno dal Consiglio regionale per sostenere e valorizzare la ricerca, l’innovazione tecnologica e digitale delle imprese del territorio. Il primo premio della sezione innovazione 4.0 invece è andato a Cromology Italia SpA per il progetto Coolsun, sviluppato con un gruppo di ricerca del dipartimento di Chimica e chimica industriale dell'Università di Pisa coordinato dal professore Fabio Bellina e formato dai professori Andrea Pucci, Marco Geppi, Giacomo Ruggeri e dal dottor Marco Lessi.

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Foto di gruppo della premiazione

La consegna dei riconoscimenti è avvenuta lunedì 18 dicembre a Palazzo Bastogi a Firenze e ai vincitori sono andati 15mila euro ciascuno. QbRobotics ha vinto, secondo la giuria, per essersi distinta per l’elevato contenuto tecnologico-innovativo nello sviluppo dei prodotti e per aver contribuito alla crescita del territorio toscano tramite il progetto di diffusione della tecnologia della soft-robotics nei settori della robotica di servizio, industriale e biomedicale. Nata nel 2011 come spin-off dell’Università di Pisa e dell’Istituto Italiano di Tecnologia, l’azienda è oggi operativa presso il Polo Tecnologico di Navacchio nel settore della robotica dove ha realizzato una protesi robotica per la mano e l’avambraccio.

Il Premio ‘Innovazione Toscana’ è stato organizzato quest’anno per la prima volta dal Consiglio regionale in collaborazione con Anci Toscana, Confindustria, Unioncamere Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casa Artigiani. La commissione che ha assegnato riconoscimenti di questa prima edizione era composta da Giuseppe Iannaccone, ordinario di elettronica al dipartimento di ingegneria dell’informazione dell’Università di Pisa, dal direttore dell’Istituto di biorobotica del Sant’Anna di Pisa Paolo Dario, da Leonardo Masotti, docente all’Università di Firenze e fondatore di El.En. S.p.A., da Franco Tocci, fondatore e presidente di Ambrogio S.r.l., e da Cristian Della Giovampaola, titolare e senior engineer alla Wave Up S.r.l.

Nei giorni 1 e 2 dicembre si è tenuto a Firenze il convegno dal titolo “L’Università del Carcere”, organizzato dalle Università di Firenze, Pisa, Siena e Università per Stranieri di Siena, dalla Regione Toscana e dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria. Per l'Ateneo pisano sono intervenuti il prorettore per i Rapporti con gli enti del territorio, Marco Gesi, e il delegato per il Polo Penitenziario Universitario dell’Istituto Don Bosco, Andrea Borghini.

Nel suo saluto, il professor Marco Gesi ha citato "l'esperienza del Polo Penitenziario Universitario di Pisa, nato ufficialmente nel 2003 e da alcuni anni intitolato al compianto professor Renzo Corticelli, come sintesi felice dell’incontro tra sapere pubblico e istituzioni di rieducazione, finalizzato alla crescita culturale e al reinserimento sociale dei detenuti e orientato a garantire il diritto all’istruzione, come chiaramente espresso in numerosi articoli del nostro dettato costituzionale".
Pubblichiamo di seguito la riflessione post convegno del professor Andrea Borghini.

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Il convegno su “L’Università del Carcere” è stato una prima fondamentale occasione per affrontare l’esperienza dei Poli Universitari Penitenziari, sia in ambito regionale, sia in ambito nazionale. Nella due giorni fiorentina, docenti, mondo del volontariato, mondo istituzionale, e studenti hanno discusso punti di forza e di criticità del progetto Polo Penitenziario Universitario, sottolineando come tale realtà si stia espandendo a livello nazionale. Sono infatti stati censiti fino ad ora 21 poli penitenziari che lavorano su 50 istituti di pena.
In tal senso, nel corso del convegno, è emersa la necessità di rafforzare il ruolo di un Coordinamento nazionale dei Poli, avviando un’interlocuzione con la CRUI, in grado farsi portavoce del progetto con gli interlocutori politici di riferimento; e al contempo, si è lavorato a cercare di individuare procedure standardizzate che permettano agli studenti di usufruire di trattamenti univoci in qualsiasi sede essi siano collocati.
In particolare, è emersa la centralità e la validità del modello toscano. La Toscana ha avviato dal 2010 un accordo che costituisce il Polo Regionale della Toscana, l’unico sistema integrato di formazione universitaria presente a livello nazionale. All’interno di tale accordo, che prevede anche un finanziamento annuale della Regione Toscana, spicca il Polo di Pisa, il quale si struttura in una sede ‘storica’ come quella presso la Casa Circondariale Don Bosco della città toscana, ma vede studenti, iscritti all’Ateneo pisano, collocati anche in altre realtà penitenziarie quali quelle di Volterra, Massa, Porto Azzurro, Livorno e Gorgona. Ciò fa del Polo di Pisa una realtà sui generis, che necessita di un grande impegno dell’ateneo per venire incontro alle esigenze della popolazione studentesca detenuta. Nel corso degli anni, l’ateneo ha accettato la sfida, lavorando a standardizzare le procedure di iscrizione, azzerando le tasse universitarie, individuando funzionari amministrativi in grado di coordinare i vari passaggi burocratici; e ancora, individuando personale docente incaricato, in grado di coordinarsi con gli istituti per seguire al meglio le carriere degli studenti, che ormai, a partire dal 2003, anno di istituzione del polo pisano, sono stati oltre 115.

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Dal convegno fiorentino è inoltre emerso, soprattutto attraverso le testimonianze degli ex studenti detenuti, l’utilità di questa attività, spesso percepita da essi come fonte di riscatto sociale. E’ stato, inoltre, evidenziato come sia importante per gli studenti detenuti sentirsi parte della comunità accademica, superando il senso di isolamento dato dal contesto in cui vivono: esperienze di contatto con altri studenti sono vissute come momento di scambio, oltre che momenti di confronto sui percorsi formativi.
La figura dei tutor è risultata essere di grande importanza al fine di consentire una reale attuazione del diritto all’istruzione e dei princìpi di inclusione e di integrazione.
E’ stato inoltre ribadito che il dialogo fra le istituzioni coinvolte prosegua in modo sempre più stretto e si traduca in interventi concreti quali, ad esempio, la messa a disposizione di spazi che permettano la creazione di un contesto idoneo allo studio. Infine, è stato sottolineato come l’esperienza dei Poli debba darsi un piano comunicativo più efficace sia attraverso la costruzione di eventi pubblici ad hoc sia con la creazione di siti web dedicati: si tratta di una strategia, quest’ultima, utile a diffondere nel mondo universitario la consapevolezza del ruolo svolto dall’Università nel garantire il diritto allo studio e nel sensibilizzarlo verso questo tipo di utenza, anche al fine di costruire una comunità accademica solidale e aperta ed evitare i rischi di stigmatizzazione e isolamento dello studente detenuto.

Andrea Borghini
Delegato del Rettore per il Polo Penitenziario Universitario dell’Istituto Don Bosco

L'orgoglio e la gratitudine della Toscana per "un lavoro di ricerca scientifica senza confini geografici e temporali, che ha come fine la conoscenza dell'Universo", si sono concretizzati nel conferimento del Pegaso d'Oro all'Eurpean Gravitational Observatory di Cascina, che ospita e gestisce Virgo, un'infrastruttura per lo studio delle onde gravitazionali. A consegnare il premio ai ricercatori che, proprio nei giorni scorsi, hanno perso, con Adalberto Giazotto, uno dei padri fondatori, è stato il presidente della Regione Enrico Rossi venerdì 15 dicembre nel corso di una cerimonia organizzata dalla regione in Sala Pegaso.

Qualche mese fa il conferimento del Nobel per la fisica a tre scienziati statunitensi per il loro ruolo nella scoperta delle onde gravitazionali, aveva riportato alla ribalta anche l'interferometro Virgo e il suo contributo alle scoperte realizzate dai tre riceratori premiati, a distanza di un secolo dalle previsioni di Albert Einstein con la teoria della relatività generale. A questo proprosito il presidente della Regione Enrico Rossi ha ricordato come la presenza di questa struttura a Cascina si debba anche e soprattutto alla tenacia e lungimiranza degli amministratori dell'epoca, in particolare dell'allora presidente della Provincia di Pisa Gino Nunes e dell'allora sindaco Carlo Cacciamano.

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Ego e l'interferometro di Cascina
VIRGO nasce da un'idea del ricercatore scomparso pochi giorni fa Adalberto Giazotto e del francese Alain Brillet e ha rappresentato un grande passo avanti nella tecnologia degli interferometri, aprendo la strada proprio all'americano Advanced LIGO. Il captatore di onde gravitazionali VIRGO ha sede all'interno dell'European Gravitational Observatory di Cascina, fondato dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) italiano e dal Centre National de la Recherche Scientifique (Cnrs) francese.

Giazzotto è stato, tra l'altro, il pioniere dell'idea di una rete globale di rivelatori. L'annuncio della storica scoperta delle onde gravitazionali era stato dato congiuntamente dalle collaborazioni scientifiche LIGO e VIRGO l'11 febbraio 2016 e, dallo scorso agosto, l'interferometro VIRGO si è unito ai due LIGO statunitensi nella raccolta dei dati, portando ad una nuova osservazione di onde gravitazionali.

Un Nobel anche un po' toscano
L'Accademia delle Scienze svedese ha preso in considerazione il lavoro dei tre scienziati Rainer Weiss, Barry Barish e Kip S.Thorne che, per primi, il 14 settembre 2015, avevano misurato le onde gravitazionali, ovvero quel debolissimo segnale generato da un catastrofico evento avvenuto lontano, nel cosmo e che un secolo fa Einestein aveva previsto, su un piano solo teorico, nella sua teoria della "Relatività Generale". Nell'annunciare il conferimento del Premio Nobel, l'Accademia delle Scienze svedese aveva menzionato anche la collaborazione con VIRGO all'interno del centro toscano EGO.

(fonte: Toscana Notizie)

Rosalia Lo Bue e Francesco Rappisi, studenti del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa hanno vinto le finali dell'Italian Challenge Bowl 2017, la gara a quiz di Geofisica che si si è svolta a Trieste in occasione del Convegno Nazionale di Geofisica della Terra Solida (GNGTS). "La competizione è stata lunga e faticosa, in lizza c’erano sette squadre composte da dottorandi di altre università italiane - racconta Francesco Rappisi - nello scontro finale abbiamo vinto contro l'Università di Napoli praticamente all'ultima domanda".

Come premio la Society of Exploration Geophysicists (SEG), principale sponsor della manifestazione, sosterrà le spese di partecipazione Rosalia e Francesco al prossimo congresso mondiale che si terrà a Los Angeles nell'ottobre 2018.

 

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Rosalia Lo Bue e Francesco Rappisi vincitori del Challenge Bowl 2017


"Siamo molto emozionati all’idea di andare negli Stati Uniti - dice Rosalia Lo Bue – perché potremo toccare con mano i risultati della ricerca di alto livello e anche conoscere molte società leader nel campo della Geofisica”.
Rosalia e Francesco, entrambi ventiseienni, dopo il corso triennale all’Università di Palermo sono venuti a Pisa per iscriversi alla magistrale in Geofisica di Esplorazione ed Applicata e proprio venerdì 15 dicembre hanno conseguito la laurea con una tesi in sismologia discussa con il professore Alfredo Mazzotti. La loro aspirazione futura è di lavorare per una grande azienda di esplorazione geofisica, anche se non escludono di poter fare un dottorato.

"Durante i nostri studi abbiamo frequentemente avuto contatti diretti o indiretti con aziende geofisiche, e penso che quello sarebbe il mio mondo" dice Francesco Rappisi. "Ma mi piacerebbe anche provare a fare un dottorato", ha aggiunto Rosalia Lo Bue.

“Il risultato di Rosalia e Francesco segue quello di altri due studenti dell’Ateneo pisano, Francesco Grigoli e Angelo Sajeva, che nel 2008 vinsero la competizione nazionale e poi si classificarono terzi in quella mondiale – commenta il professore Adriano Ribolini professore di Geografia Fisica e Geomorfologia dell’Ateneo pisano – naturalmente la soddisfazione per i dipartimenti di Scienze della Terra e di Fisica che gestiscono la Laurea Magistrale in Geofisica è molto alta”.



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