Laudatio
Prof. Giuseppe Attardi

Nel giugno 1975, in questa stessa Aula Magna, Alan Kay presentò in anteprima mondiale un filmato in cui illustrava le ricerche che stava svolgendo presso lo Xerox Palo Alto Research Center (PARC).
L’occasione era un convegno organizzato dall’Istituto di Elaborazione dell’Informazione del CNR, diretto da Gianfranco Capriz, per celebrare 20 anni di informatica a Pisa, sviluppatasi a partire dalla realizzazione della CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana).
Era già insolito che ad un convegno venisse proiettato un filmato, piuttosto che svolgere una presentazione orale, ma ancora più straordinario era il contenuto del filmato, che mostrava dei giovani ragazzini mentre utilizzavano uno strano computer e uno strano linguaggio di programmazione, chiamato Smalltalk, per applicazioni creative quali il disegno, la composizione grafica di testi, la creazione di cartoni animati, la composizione musicale.
L’articolo che Alan Kay presentò al convegno, intitolato “Personal Computing”, costituisce un documento di eccezionale valore storico, in quanto contiene la prima presentazione al pubblico del concetto di personal computer, destinato a produrre una vera rivoluzione nell’informatica e nel mondo. Per questo abbiamo deciso in questa occasione di restaurare e ristampare quell’articolo, corredato da un commento dello stesso Alan Kay che descrive il contesto in cui fu scritto.
Ai tempi del convegno, nel 1975, i servizi di calcolo più evoluti erano forniti da sistemi time-sharing, una tecnica che permetteva a più persone contemporaneamente di condividere un unico calcolatore, accedendovi tramite telescriventi. In quell’epoca era difficile concepire di dedicare un intero computer a soddisfare le esigenze di una singola persona, addirittura per svolgere compiti così elementari come seguire i movimenti di un mouse o così complessi come presentare documenti in una accurata veste tipografica. L’attitudine prevalente era che le macchine fossero veloci e le persone lente: pertanto il time-sharing era la soluzione adatta per servire molte persone lente con una sola macchina veloce. Erano le persone a doversi adattare alle esigenze delle macchine, imparando arcani linguaggi e complessi strumenti per sottomettere al computer compiti da svolgere. Dopotutto il computer era una macchina concepita per il calcolo, non per l’interazione con l’uomo.
Occorreva straordinaria immaginazione e audacia per concepire il rovesciamento del rapporto. Fatto questo passo, ci si accorgeva che le macchine dell’epoca erano in realtà lente e inadeguate a sostenere i ritmi di trattamento delle informazioni di cui le persone sono capaci: paginate di testi ad alta risoluzione, con immagini e figure, audio, video e animazioni, ricerca e scorrimento veloci, scambio di informazioni e interazione via rete con altri in tempo reale.
Pertanto furono necessari interventi sostanziali sull’architettura dei computer, e lo sviluppo di nuove tecnologie, per la grafica, la rete, i media e i giochi (rivalutati in ottica pedagogica da Piaget). Ad esempio fu necessario progettare un modo speciale di trattare la memoria video attraverso l’operazione di BitBlt (bit block transfer).
Il computer Alto fu il primo passo in questa direzione. L’evoluzione iniziata con l’Alto è in corso ancora oggi, con la Central Processing Unit (CPU) affiancata da Graphical Processing Unit (GPU) in grado di generare complesse animazioni 3D in tempo reale, trattando 600 milioni di vertici al secondo e da Media and Communication Processor (MCP) per il trattamento di stream audio, video e la comunicazione ad alta velocità. Il personal computer si combina poi con le reti di comunicazione fisse e wireless dando vita a dispositivi mobili integrati (PDA e smartphones).
Il personal computer concepito da Alan Kay è infatti in quintessenza un dispositivo per esprimersi e comunicare. È uno strumento per amplificare le capacità cognitive delle persone, consentendo loro di esplorare, costruire, simulare sistemi, reperire e analizzare conoscenze, interagire con altre persone o con sistemi reattivi e adattativi.
Applicazioni come il Web, le comunicazioni personali (email) e di gruppo (blog, wiki e podCasting), la creazione di sapere comunitario (Wikipedia), oltre che i video giochi spettacolari, non sarebbero possibili senza il supporto e le innovazioni portate dai personal computer. Strumenti di condivisione e di scambio come questi, che ormai fanno parte della vita quotidiana di quasi un miliardo di persone, costituiscono il contributo più sostanziale che la disciplina informatica abbia dato allo sviluppo della società contemporanea.

Secondo Alan Kay resta comunque ancora molto da fare da una parte nello sviluppo di sistemi adattativi, in grado di apprendere e adattarsi alle esigenze dei loro utilizzatori e dall’altra nel rendere accessibili queste tecnologie al resto dell’umanità.
Alan Kay a Pisa nel 1975 presentò una visione rivoluzionaria del computer, trasformato da strumento per applicazioni tecnico-scientifiche o commerciali a mezzo facile da usare persino dai bambini, per gli scopi più svariati, compresi quelli creativi e di svago. Questo apriva affascinanti scenari sia per risolvere i problemi scientifici e tecnologici che poneva la realizzazione di un computer con le caratteristiche del Dynabook, sia per il potenziale impatto che la sua diffusione poteva avere sulla società.
È da ricondurre anche agli stimoli forniti di Alan Kay se alcuni ricercatori dell’Università di Pisa si dedicarono a perseguire queste tematiche di ricerca, partecipando agli sviluppi dei linguaggi a oggetti, delle interfacce grafiche, delle tecnologie di rete, delle architetture di elaboratori, della didattica al computer.
Alcuni degli aforismi di Alan Kay sono diventati leggendari e hanno ispirato moltissimi informatici:

The best way to predict the future is to invent it!
If you are really serious about software, you should build your own hardware.

Queste frasi andrebbero ricordate nelle occasioni in cui si riflette sugli straordinari sviluppi dell’informatica in questi decenni e si discute sulle sue prospettive. Esse infatti esaltano una delle caratteristiche speciali dell’informatica, che offre la possibilità di inventare e realizzare modelli e mondi nuovi, non essendo limitata da vincoli fisici e materiali. L’informatica non smetterà di stupire finché ci saranno persone ricche di immaginazione e desiderose di cimentarsi in sempre nuove sfide.
Oggi, in un mondo globalizzato in cui culture e civiltà diverse si confrontano e i problemi dello sviluppo sono diventati prorompenti, tre priorità emergono nettamente: educare, educare, educare. Anche se può sembrare retorica, aumentare il livello di formazione della popolazioni è la premessa per affrontare altri immani problemi. Ad esempio, riguardo a fenomeni correlati all’educazione, il demografo Emmanuel Todd ha formulato alcune congetture finora dimostratesi sperimentalmente valide:

  1. nei paesi dove il livello di istruzione è più elevato, il tasso di natalità diminuisce
  2. mai due stati democratici con alto grado di libertà e di cultura, sono entrati in guerra tra loro.
Per questo l’impegno di Alan Kay nel creare strumenti per apprendere, scoprire e condividere conoscenze oltrepassa un ambito strettamente scientifico e tecnologico e lo porta ancora una volta a proporci un sogno e una speranza: che persone illuminate dalla conoscenza possano formare comunità pacifiche in cui fioriscano ricchezza, scambi e sapere.
Alan Kay preconizza una formazione libera e aperta, che lasci spazio per diversi punti di vista, per evitare che si trasformi in un privilegio con la formazione di élite o di oligarchie.
Siamo pertanto lieti di onorare Alan Kay e di augurargli che il suo impegno verso i bambini di tutto il mondo e di tutte le età abbia successo.


Ultimo aggionamento documento: 19-Jul-2007