Elenco scorciatoie

Le ragioni di un convegno

Tra XII e XIII secolo Pisa, è stato scritto, è stata la più importante città toscana. La più importante, oltre che per potenza politica e ricchezza economica, per precocità ed eccellenza nei vari campi dell’arte e della cultura. Mentre le navi pisane dominavano quel mare che fu allora possibile chiamare – come ha fatto un fiorentino cosmopolita quale fu Brunetto Latini – “mare pisano”, e gli artisti davano vita ai celebri monumenti che ornano le sue piazze, nella città, infatti, si parlava e scriveva la lingua araba, vivevano intellettuali capaci di leggere e tradurre il greco, gli uomini pubblici si proponevano alla collettività mimando le forme della pubblicistica classica, si fondava la matematica, si conservava il più venerabile testimone manoscritto del diritto romano, si leggevano i testi degli scrittori classici come modelli di vita, si elaboravano i primi portolani, e l’elenco potrebbe continuare.

< Lecito credere che per tale eccellenza sia stato determinante il singolarissimo intreccio di lingue, culture ed etnie, favorito dalle scelte politiche e dalla realtà sociale della Repubblica marinara, le cui navi si muovevano per tutto il Mediterraneo mettendo in contatto tra loro, e assimilando, realtà etniche e culturali le più varie, provenienti dalla Francia come dal Maghreb, da Bisanzio come dalla Roma classica, dalla Sicilia di Federico II come dalla Sardegna e da Tunisi. Su quelle navi viaggiavano uomini di diverse etnie e, con loro, modelli non secondari di riferimento per la cultura della città: libri, colonne, sarcofagi, manufatti vari destinati a vivere una nuova vita nella turrita città medievale, come le statue romane per la prima volta nella storia medievale adibite a rappresentare i consoli in carica, o i sarcofagi classici utilizzati per seppellire gli uomini di spicco – siano stati artisti, regine, o ambasciatori e uomini di diritto, come il Burgundio traduttore dal greco che è sepolto nella chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno. Grazie a quelle navi, Pisa fu al centro di una rete di scambi etnici, culturali e linguistici di assoluto, eccezionale rilievo: per effetto di un doppio movimento da/a Pisa. Della presenza in città di uomini provenienti da tutti i paesi affacciati sul Mediterraneo è testimone, a suo modo, lo storico Donizone, il quale all’inizio del XII secolo denunciava che essa era invasa da “turchi, libici, e anche parti” mentre “i tetri caldei frequentano i suoi lidi” e indirettamente lo provano quei relitti del naufragio della storia che sono le carte manoscritte e magari miniate in stili diversi, le schegge di culture grafiche eterogenee mescolate nelle facciate dei nostri monumenti, i testi scritti, i grandi prodotti dell’ingegno. Incessante fu anche il movimento dei pisani verso altri lidi: movimenti di merci e di armi, naturalmente, ma anche di tradizioni culturali e di libri, destinati a interagire nella formazione di una nuova realtà culturale.

L’esempio più eclatante è certo quello offerto dal “padre” della matematica, Leonardo Fibonacci o Leonardo Pisano, educato a Bugia, in Algeria, e instancabile viaggiatore lungo le rotte che portavano dall’Egitto alla Siria, dalla Sicilia alla Grecia, senza escludere la Provenza: in quei paesi poté incontrare matematici di formazione eterogenea, assimilando risultati provenienti sia dalle culture islamiche, induista e spagnola, sia da quella classica greca, di cui si giovò per comporre, una volta tornato a Pisa, i suoi celebri trattati. Fibonacci è solo un esempio. Altri nomi si potrebbero fare, come quello già ricordato di Burgundio, che fu importante mediatore della grande cultura greco–bizantina. Di questo giudice e diplomatico di erudizione sterminata, morto in tarda età il 30 ottobre 1193, merita qui ricordare la conoscenza del greco, che si immagina egli abbia studiato a Pisa e poi perfezionato grazie ai vari viaggi compiuti a Costantinopoli come membro di ambascerie e rappresentante della Repubblica pisana. Importante la sua attività di intermediario per la diffusione della produzione teologica, filosofica e scientifica del mondo greco e bizantino in occidente. L’elenco delle opere da lui tradotte dal greco al latino è nutrito ed estremamente varia la loro tipologia: opere teologiche e ascetiche, ma anche grandi testi di medicina antica come gli Aforismi di Ippocrate e alcune opere di Galeno, un frammento di un trattato bizantino di economia rurale come i Geoponica, nonché, secondo gli studi più recenti, i passi greci presenti nel Digesto e il trattato aristotelico De generatione et corruptione.

Il professor Leonardi durante la sua relazione

Un momento del convegno

Burgundio e Fibonacci sono solo i due testimoni più noti di una tradizione culturale di assoluta eccellenza. Di molte altre “eccellenze” si potrebbe ancora dar conto: la tradizione cronachistica, per esempio, che vanta, per tacer d’altro, un’opera come i cosiddetti Annales pisani di Bernardo Maragone, che è l’unica fonte cronachistica d’ampio respiro prodotta in Toscana nel XII secolo, la presenza di una tradizione musicale sia religiosa che profana, attestate l’una dalla Cronica antiqua l’altra dalla Cronica del francescano Salimbene presente a Pisa tra il 1243 e il 1247, ma anche la cultura geografica e la competenza cartografica di cui offre singolare attestazione l’anonimo Liber de existencia riveriarum et forma maris nostri mediterranei composto alla fine del XII secolo, il cui contenuto è stato giudicato, dallo studioso di storia della cartografia medievale che ne ha curato l’edizione, decisamente «stupefacente». Eccezionale è anche, rispetto al panorama italiano ed europeo, l’ampia diffusione, in città, di quei particolarissimi documenti progettati per una fruizione monumentale e pubblica che sono le epigrafi, utilizzate su muri e monumenti a fini ideologici, «secondo suggestioni d’ispirazione antica», come ha osservato Armando Petrucci. Siano esse composte in latino o in volgare, siano esse esposte in contesti religiosi o non, assolutamente eccezionale a questa altezza cronologica è il recupero consapevole di un modello di comunicazione pubblica, che era stato proprio della grande cultura classica e poi abbandonato; così come è eccezionale il contesto ideologico–culturale che il ricorso all’epigrafia celebrativa lascia intuire. Perché il testo scritto possa essere fruito dalla collettività cittadina, infatti, il tasso di alfabetizzazione deve essere alto e alto è certo stato se, come è ben noto, in Toscana spetta a Pisa il primato cronologico nell’uso scritto del volgare. Il cosiddetto conto navale, ovvero il frammento residuo di un conto spese relativo all’allestimento o alla riparazione di una o più navi ora conservato alla Free Library di Filadelfia e scritto tra la fine del XI e gli inizi del XII secolo in pisano, è infatti il più antico documento a noi noto redatto interamente in volgare. E redatto con tale sicurezza linguistica e grafica che è lecito immaginare fosse già piuttosto esteso e consolidato, a quest’altezza cronologica e presso gli appartenenti alla classe mercantile e imprenditoriale della Repubblica marinara, l’uso scritto del volgare. Ancora una prova dell’eccellenza e precocità culturale della Pisa medievale, tra XII e XIII secolo.

Seppur ampiamente documentate dagli studi di storici, archeologi, paleografi, filologi e studiosi della lingua, in buona parte confluiti nel fondante volume Pisa e il Mediterraneo curato da quell’appassionato studioso di Pisa medievale che fu Marco Tangheroni, questa ricchezza e questa singolare precocità culturale, che rendono unica nel panorama europeo la fisionomia della Pisa due-trecentesca, non sono sufficientemente presenti né alla collettività degli studiosi, né a quella che vive sulle due sponde dell’Arno. Ripensarle in prospettiva interdisciplinare, rivisitando le vestigia che hanno attraversato il diluvio della storia (manoscritti, reliquie, epigrafi, documenti d’archivio, marmi, monumenti, ceramiche e quant’altro) per ricostruire il quadro complessivo di una tradizione culturale troppo spesso rimasta in ombra, specie nelle tradizionali sintesi di storia letteraria, e soprattutto per gettare luce sugli intrecci che hanno contribuito a fissare quella singolarissima fisionomia della Pisa due–trecentesca: è questa l’ipotesi metodologica da cui è nato il convegno “Pisa crocevia di lingue, uomini, culture. L’età medievale”, che è stato organizzato dalla facoltà di Lingue e letterature straniere, con il patrocinio e il contributo dell’Università, dei dipartimenti di Lingue e letterature romanze e di Studi italianistici, dell’Opera della Primaziale Pisana, della Regione Toscana, della Provincia e del Comune di Pisa, e si è svolto dal 25 al 27 ottobre del 2007, coinvolgendo studiosi di varie discipline: storia medievale, filologia romanza e italiana, storia della lingua, della letteratura, della filosofia, dell’arte figurativa, epigrafia, codicologia. Di alcuni risultati di quel convegno danno notizia gli articoli presenti in questo numero di Athenet.

Lucia Battaglia Ricci
docente di Letteratura italiana
battaglia@ital.unipi.it