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Guido BocciSempre più negli ultimi anni si sta facendo strada nella cura dei tumori una nuova modalità di somministrazione dei farmaci chemioterapici denominata “chemioterapia metronomica” che si riferisce alla frequente, talvolta quotidiana, somministrazione di farmaci antineoplastici a basse dosi. Uno studio congiunto dell’Università di Pisa e di Toronto, appena pubblicato sulla rivista “Nature Reviews Clinical Oncology”, fa il punto sull’utilizzo di questa tecnica e per la prima volta ridefinisce questo schema terapeutico alla luce delle sue proprietà farmacologiche.
“La chemioterapia metronomica rappresenta una promettente terapia oncologica palliativa e di mantenimento per varie neoplasie”, spiega il dottor Guido Bocci (foto a destra) dell’Ateneo pisano autore dell’articolo insieme al professore Robert S. Kerbel dell’Università di Toronto.

“Il basso costo, la bassa tossicità e la facilità di somministrazione, solitamente orale – ha aggiunto Bocci - ne fanno una terapia interessante non solo per i paesi europei con un Servizio Sanitario Nazionale pubblico come quello italiano, ma anche una valida alternativa per tutti quei paesi in via di sviluppo dove è praticamente impossibile l’acquisto di nuovi, ma molto costosi, farmaci a bersaglio molecolare”.

La ricerca, finanziata dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dall’Istituto Toscano Tumori (ITT), riconsidera l’esperienza di 10 anni di chemioterapia metronomica e ne focalizza il complesso meccanismo terapeutico che si realizza impedendo ai vasi sanguigni di “nutrire” le cellule tumorali (effetto antiangiogenico), sollecitando una risposta favorevole del sistema immunitario e agendo direttamente sulle cellule neoplastiche.

“L’Università di Pisa - ha concluso il dottor Bocci - ed in particolare la divisione di Farmacologia del dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, e l’Oncologia Medica del dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia hanno avuto un ruolo centrale nello sviluppo preclinico e clinico della chemioterapia metronomica in Italia e a livello internazionale, in particolare delle sue basi farmacocinetiche, farmacodinamiche e farmacogenetiche”.


studenti2Il 74% dei laureati magistrali biennali dell’Università di Pisa, compresi coloro che sono in formazione retribuita, ha trovato occupazione a un anno dal conseguimento del titolo, con un guadagno mensile netto che è in media di 1.224 euro. Sono questi i dati principali che emergono dal XVIII Rapporto sul profilo dei laureati e sulla condizione occupazionale, presentato nelle scorse settimane da AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario a cui dallo scorso anno ha aderito anche l'Ateneo pisano.

“Le attività di monitoraggio condotte annualmente da AlmaLaurea – dichiara la professoressa Monica Pratesi, delegata del rettore alle attività di Job Placement - sono il punto di riferimento per la valutazione della situazione occupazionale dei laureati e, grazie al fatto che ormai il consorzio comprende 73 università, cioè la quasi totalità degli atenei italiani, essi consentono di confrontare i dati di Pisa con quelli nazionali. Da questo confronto emerge, ad esempio, che i dati che riguardano i laureati pisani sono migliori sia rispetto alla media toscana che a quella nazionale, dove si registrano rispettivamente il 72 e il 70% di laureati magistrali che hanno trovato lavoro a un anno dal titolo, mentre il guadagno netto mensile si attesta rispettivamente sui 1.144 e 1.132 euro, contro la media di 1.224 euro dei laureati pisani”.

A cinque anni dalla laurea nell'Ateneo pisano, la percentuale di occupati sale all'85%, di cui il 72% ha un posto stabile, con una retribuzione che tocca i 1.473 euro mensili netti. I laureati magistrali pisani sono inseriti per il 77% nel settore privato e per il 20% nel pubblico, mentre il restante 3% lavora nel non-profit. L'ambito dei servizi assorbe il 71% degli occupati, contro il 27% dell'industria.

studenti3Per quanto riguarda il profilo dei laureati, l'indagine AlmaLaurea conferma soprattutto la forte attrattività dell'Ateneo pisano, con il 34% di laureati che proviene da fuori regione, una percentuale che sale al 46% per i soli laureati delle magistrali. Per il resto, il 42% dei laureati ha svolto durante il proprio percorso formativo dei tirocini riconosciuti, il 9% vanta esperienze di studio all'estero, in primo luogo l'Erasmus, e il 57% ha avuto almeno un'esperienza lavorativa.
Per quanto riguarda, infine, il gradimento del proprio percorso formativo, l'83% dei laureati dell'Ateneo è soddisfatta del proprio rapporto con i docenti, il 79% valuta positivamente i servizi bibliotecari e il 67% considera adeguate le aule di studio, mentre, nota meno positiva, solo il 28% ritiene adeguate le postazioni informatiche. Complessivamente, l'80% dei laureati si riscriverebbe all'Università di Pisa, anche se l'11% di questi sceglierebbe un altro corso di laurea.

La fotografia dei laureati dell'Università di Pisa è scaturita dalle interviste con 6.770 laureati, dei quali 3.740 di primo livello, 2.154 magistrali biennali e 836 a ciclo unico, mentre per l'indagine sulla condizione occupazionale sono stati coinvolti 11.940 laureati, di primo e secondo livello, degli anni 2014, 2012 e 2010, intervistati rispettivamente a uno, tre e cinque anni dal raggiungimento del titolo.
La scheda completa con il Rapporto 2016 sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati dell'Università di Pisa è disponibile sul sito del Job Placement http://goo.gl/UCRuPe

dante posticipatoMostrare quanto sia ancora viva la presenza di Dante nella cultura contemporanea e far vedere quanto essa incida sull’immaginario collettivo. Nasce così “Dante Posticipato”: dal 25 al 28 maggio, in occasione del 751esimo anno dalla nascita, la città di Pisa ospiterà una serie di iniziative dedicate al Sommo Poeta. Il progetto è ideato da Marco Santagata e sostenuto dal Comune di Pisa, in collaborazione con Università di Pisa, Fondazione Teatro di Pisa, Regione Toscana, Fondazione Blu, Museo della Grafica.

Saranno quattro giorni intensi, introdotti da una lezione di Walter Siti, che vedono coinvolti alcuni importanti protagonisti della cultura italiana: dalla critica letteraria alle arti visive, dalla poesia alla narrativa, dal teatro al cinema, dal mondo della scuola a quello della comunicazione. Molti e diversi saranno gli spazi cittadini interessati, un modo per ricordare che Pisa può essere considerata una città dantesca a pieno titolo, come sottolineato da alcuni appuntamenti in calendario. Giovedì 26 maggio alle 15,30 nell’auditorium di Palazzo Blu c’è ad esempio la tavola rotonda “Dante e/a Pisa” coordinata da Adriano Prosperi alla quale partecipano Fabrizio Franceschini, Giuseppe Petralia, Diego Quaglioni, Mirko Tavoni e Marco Santagata.

"Se si pensa alle 'città di Dante' - spiega Marco Santagata ordinario di Letteratura Italiana dell’Ateneo pisano - vengono in mente la Firenze della sua nascita, dell'amore per Beatrice e delle lotte politiche, oppure la Verona scaligera, legata al tema del duro esilio, e poi Ravenna associata alla sua morte. Ma, oltre al Dante delle lotte politiche municipali e a quello esule e sconfitto, ce n’è un altro impegnato in un progetto di costruzione di un nuovo ordine italiano ed europeo che proprio a Pisa dal 1312 al 1313, alla corte di Enrico VII e per l'imperatore, scrisse il trattato politico La Monarchia".

E, per chi volesse seguire le tracce di Dante e dei suoi commentatori, sabato 28 maggio, alle 10, partirà da piazza del Carmine un tour dantesco attraverso la città. “Sarà una passeggiata di circa un’ora – racconta Fabrizio Franceschini, ordinario di Linguistica Italiana all’Università di Pisa, che farà da guida – e dal Carmine, associato al commentatore Guido da Pisa, porterà al palazzo dei Gambacorti nell’attuale Corso Italia, più volte soggiorno degli imperatori, al chiostro di S. Francesco (associato al Buti e ad altri glossatori) e sino alla Torre della Muda, nella moderna piazza dei Cavalieri, dove fu incarcerato il conte Ugolino”.

hearnowManage stress and anxiety with an app installed on your smartphone that reminds you to breathe and measures your heartbeat, showing if it is responding to the exercise. The app Hear and Now developed by BioBeats, a spin off from the University of Pisa, now well established at international level, is available online. This new project has received backing for more than two million dollars from a British venture capitalist.

“Based on clinically validated stress-reducing and mindfulness practices, our application teaches you to breathe deeply using your diaphragm,” explains Davide Morelli, the founder of BioBeats. ”By placing your finger over the camera, the smartphone monitors your heartbeat and gauges your breathing, tracking how your heart reacts to the exercise.”

The diaphragmatic breathing technique has been recognized and used since the sixties to manage stress and anxiety: we are generally used to chest breathing and do not stimulate the diaphragm any longer, which tends to remain contracted. This phenomenon worsens in cases of particularly strong emotional tension, but with deep breathing, which stimulates the vagus nerve, we are able to work on the heartbeat, which slows down initially and then picks up a balanced rhythm.

hearnow logo“Hear and Now” – whose name plays on the sound of the word “hear” with “here” from “Here and Now” – is also an esthetically pleasing experience. Biobeats has worked carefully on the graphic and musical aspect so that the app simultaneously creates music in time with the heartbeat while on the screen images change following the breathing pattern: they are in focus if the breathing is done correctly but remain blurred if the diaphragm is not being used correctly.

“Our app aims to assist therapists, who in this way will have an instrument to check the quality of their patients’ breathing exercises,” specifies Morelli. “’Hear and Now’ is in fact the result of a journey we started two years ago when we began to work alongside people with breathing difficulties, developing applications in the field of wellness and medical care.”

The app, at present only available on the iOS platform, has already registered 40,000 downloads and has been particularly successful in the United Kingdom and Germany.

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Developer: BioBeats Inc.
Developer Website: http://hearandnow.biobeats.com/
iTunes link: https://itunes.apple.com/gb/app/hear-and-now/id977650202?mt=8
Product Video: https://youtu.be/w2TxfKUN2IU
Twitter handle: @getHearandNow

hearnowGestire lo stress e l’ansia tramite una app installata sul proprio smartphone, che ti ricorda di respirare e mostra come il cuore batte e risponde all’esercizio. È disponibile online Hear and Now, la app sviluppata da BioBeats, spin off dell’Università di Pisa ormai affermata a livello internazionale che, per questo nuovo progetto, ha ottenuto oltre due milioni di dollari di finanziamento da un venture capitalist inglese.

“Basata su pratiche di riduzione dello stress e meditazione clinicamente validate, la nostra applicazione insegna a fare una respirazione profonda usando il diaframma – spiega Davide Morelli, fondatore di BioBeats – Appoggiando il dito sulla telecamera, lo smartphone rileva il battito cardiaco e dà il ritmo della respirazione, registrando come il tuo cuore reagisce all’esercizio”.

Guarda il video di presentazione.

La tecnica di respirazione diaframmatica è conosciuta e utilizzata dagli anni sessanta per gestire stress e ansia: in generale siamo abituati a respirare di petto e finiamo per non stimolare più il diaframma, che tende a rimanere contratto. Il fenomeno si aggrava in caso di tensioni emotive particolarmente forti ma, con la respirazione profonda, che va a stimolare il nervo vago, riusciamo ad agire sul battito cardiaco, che prima rallenta, poi riprende con un equilibrio ristabilito.

hearnow logo“Hear and Now” – il cui nome che gioca sull’assonanza di “hear” (ascolta) con l’“here” di “Here and Now” (qui e ora) – è anche un’esperienza esteticamente piacevole: BioBeats ha curato molto l’aspetto grafico e musicale facendo in modo che la app crei in tempo reale musica sincronizzata con il battito del cuore, mentre sullo schermo passano immagini che si modificano seguendo il nostro respiro: sono a fuoco se eseguiamo l’esercizio di respirazione in modo corretto, rimangono sfuocate se invece non riusciamo ad usare il maniera corretta il diaframma.

“La nostra app vuole essere di supporto ai terapisti, che in questo modo possono avere a disposizione uno strumento per controllare se e con quale qualità i pazienti eseguono gli esercizi di respirazione – specifica Morelli – “Hear and Now” è infatti il risultato di un percorso iniziato due anni fa quando abbiamo iniziato a lavorare a fianco di chi ha problemi respiratori, sviluppando applicazioni nel campo medicale e del wellness”.

La app, al momento disponibile solo su piattaforma IOS, vanta già oltre 40.000 download e, fino ad oggi, ha riscosso successo in particolare in Inghilterra e in Germania.

iTunes link: https://itunes.apple.com/gb/app/hear-and-now/id977650202?mt=8 

Ne hanno parlato: 
Askanews
InToscana.it
Nazione Pisa
QuiNewsPisa.it
Greenreport.it
PisaToday.it 
gonews.it 
Diariodelweb.it 
PisaInformaFlash.it 
RepubblicaFirenze.it 
il Mattino
il Messaggero

 

KA107 aprile

Over the last few weeks 17 students arrived in Pisa from Egypt, Morocco, Kirghizstan, Tajikistan, Uzbekistan and Serbia and presently the selection notice calling for lecturers and doctoral students from the University of Pisa will be published, offering the chance to spend a period of time studying or teaching in those countries which had previously been excluded from the Erasmus mobility program. “International Credit Mobility KA 107” is one of the major innovations introduced into the Erasmus+ program in which the University of Pisa is a forerunner in Italy. What may be defined as “Erasmus outside Europe” allows both the academic staff (lecturers and technicians) and students in higher education “beyond Europe” to participate in a mobility experience in Europe and vice versa.

“After almost 30 years of Erasmus we are now entering a new phase,” says Professor Ann Katherine Isaacs, the Dean’s delegate for the European programs. “With Erasmus+, the international mobility programs have taken a step forward opening up to other areas in the world. The University of Pisa can take credit for setting up mobility projects with 14 countries outside Europe with Central Asia taking first place. From here, mobility back and forth from the University of Pisa appears to be more than 6% of the entire European mobility. In a number of countries such as Tajikistan and Turkmenistan it is the first time that agreements of this nature have been made.”

KA107 maggioThe countries with which the University of Pisa has opened 145 mobility programs are Cambodia, China, Laos, Mongolia, Vietnam, Kazakhstan, Kirghizstan, Tajikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Egypt, Israel, Morocco and Serbia. Over the last few weeks, the University of Pisa organized the first two Staff Training visits for this project: the first with the coordinators from universities in Uzbekistan (Tashkent Pediatric Medical Institute, Andjan State University, Namangan Institute of Engineering and Technology), Morocco (Cadi Ayyad University) and Egypt (Alexandria University).

The second with the coordinators from Qingdao Agricultural University (China), Zhejiang Ocean University (China), Vietnam National University of Agriculture Hanoi (Vietnam), Savannakhet University (Laos), Mongolian State University of Life Sciences (Mongolia), Mongolian University of Science and Technology (Mongolia), International Information Technology University (Kazakhstan), M. Auezov South Kazakhstan State University (Kazakhstan), International University of Kyrgyzstan (Kyrgyzstan), Naryn State University (Kyrgyzstan), Cadi Ayyad University (Morocco), Suez Canal University (Egypt), University of Novi Sad (Serbia).

Weiliang lessons on 13 May 2016 copy

The guest coordinators visited various departments and presented their universities at a meeting with the International Coordinators (CAI) from Pisa in order to create a broader, reciprocal acquaintance and facilitate future relations.

KA 107 mobility is managed centrally by:
International Mobility and Education Programs Section
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ministra giannini visita giappone In occasione del G7 dedicato alla scienza e tecnologia, lo scorso 16 maggio la ministra Stefania Giannini ha visitato il laboratorio KEK a Tsukuba, in Giappone, dove gli scienziati italiani dell’Università di Pisa e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) stanno conducendo degli importanti esperimenti nel campo della fisica delle particelle.

La ministra è stata accolta dal professore Francesco Forti dell’Università di Pisa in veste di capodelegazione dell’INFN ed ha incontrato il direttore generale del laboratorio KEK, Masanori Yamauchi visitando quindi la sala dove si trova l’acceleratore SuperKEKB e dove è in fase di installazione l’esperimento Belle-II.

“Lo scopo di Belle II, attualmente in costruzione, è la scoperta dei segnali sfuggenti delle particelle ancora ignote, cioè non contemplate dalla teoria del Modello Standard”- ha spiegato Francesco Forti.
Belle-II è infatti un sofisticato rivelatore di particelle frutto di una collaborazione internazionale formata da oltre 600 fisici e ingegneri provenienti da 23 nazioni diverse. In particolare, i gruppi italiani sono impegnati nella costruzione di tre elementi chiave dell’esperimento: il rivelatore di vertice (SVD), il sistema di identificazione di particelle (TOP), e il calorimetro elettromagnetico (ECL). Inoltre l’Italia assicura un notevole contributo ai mezzi di calcolo necessari per l’analisi dell’enorme quantità di dati che l’esperimento raccoglierà a partire dalla seconda metà del 2017 fino al 2023-2024.
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Foto: la ministra Giannini, accanto al professor Forti, osserva uno dei moduli di rivelatore a silicio di SVD, prodotti in parte presso i laboratori delle alte tecnologie dell'Università e INFN, Pisa

nano lettersUn dispositivo elettronico basato su di una eterostruttura bidimensionale, ovvero dello spessore di un singolo atomo, è stato realizzato per la prima volta nell’ambito di una ricerca internazionale che vede l'Ateneo pisano fra i protagonisti. Lo studio è frutto di una collaborazione internazionale tra l’Università di Pisa, il CNR, l’Istituto Catalano delle Nanoscienze e delle Nanotecnologie e l’Università di Tokyo, ed è stato recentemente pubblicato sulla rivista Nano Letters, giornale di riferimento nel settore delle nanotecnologie. 

In particolare, il dispositivo è stato realizzato per mezzo di una tecnologia sviluppata dall’Università di Tokyo, in grado di modificare le proprietà elettriche del Bisolfuro di Molibdeno da semiconduttore a metallo, tramite un raggio di elettroni ad alta energia.

fiori cusatiLe simulazioni a livello atomistico effettuate dall’Università di Pisa (da Teresa Cusati, Gianluca Fiori e Giuseppe Iannaccone) e dal CNR di Pisa (Alessandro Fortunelli), oltre a fornire spiegazioni sugli effetti osservati a livello macroscopico, hanno permesso di prevedere il comportamento elettrico del dispositivo fabbricato, infine corroborato dagli esperimenti.

“La tecnologia sviluppata, sia dal punto di vista della fabbricazione, che di quello della simulazione – spiega Gianluca Fiori (nella foto a destra, insieme a Teresa Cusati) del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa - mette le basi per il raggiungimento di nuovi traguardi nel campo dell’elettronica bidimensionale, considerata sia in ambito scientifico che industriale come una tecnologia promettente al fine di ottenere transistor flessibili e a basso consumo”.

Copertina homo naledi webIl 13 settembre 2013 due speleologi sudafricani scesi nel vasto sistema di gallerie di Rising Star, nei dintorni di Johannesburg, individuarono casualmente una «camera segreta», colma di ossa fossili, risultate poi essere circa 1550. È così, in modo del tutto fortuito, che avviene la scoperta di Homo naledi («naledi» significa «stella» in lingua locale sotho), una nuova specie ominine dalle caratteristiche uniche.

Dall’eccezionale ritrovamento prende il via un’entusiasmante avventura scientifica e umana, che apre scenari inediti sulla nostra storia più antica e ci spinge a guardare con occhi diversi anche il presente. A raccontarla - nel volume da pochi giorni in libreria “Il mistero di Homo naledi. Chi era e come viveva il nostro lontano cugino africano: storia di una scoperta rivoluzionaria” (Mondadori) - è uno dei suoi protagonisti, Damiano Marchi, paleoantropologo del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, l’unico studioso italiano chiamato a partecipare al workshop scientifico internazionale su Homo naledi.

Venerdì 20 maggio, alle ore 18.15, Damiano Marchi sarà ospite della trasmissione di Rai Tre Geo&Geo per presentare il suo volume.

Nel suo libro, Marchi ricostruisce il complesso lavoro del paleoantropologo che, con la pazienza di un detective scrupoloso, esamina ogni minimo frammento fossile per trovare nuove risposte alle domande che gli scienziati si pongono sull’origine del genere umano. In qualsiasi epoca sia vissuto, l’«uomo stella» ci costringe infatti a rivedere consolidate teorie sull’evoluzione e a riconsiderare anche noi stessi non più come rappresentanti privilegiati di un «mondo a parte», ma come il frutto di un processo che, attraverso gli stessi meccanismi, ha portato sia all’Homo sapiens sia a tutti gli esseri viventi con cui condividiamo il pianeta.

Qui di seguito pubblichiamo le prime pagine del volume, che introducono il lettore nell'avventura di una scoperta scientifica rivoluzionaria.

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marchi web

Avere l'opportunità di studiare ossa fossili mai viste prima, contribuendo a una scoperta che potrà rivoluzionare la storia dell'uomo, è il sogno di ogni paleoantropologo. Di solito, è destinato a restare tale. Io, invece, quel sogno ho avuto la fortuna di realizzarlo, per un mese, in un laboratorio blindato come una cassaforte, fianco a fianco con una cinquantina di colleghi elettrizzati quanto me, ho ricostruito, classificato e analizzato i resti fossili di una specie lontana cugina dell'uomo moderno. Una specie finora sconosciuta, l'Homo naledi, la cui scoperta dischiude inediti scenari sulle nostre origini, ma riserva anche affascinanti misteri irrisolti, costituendo una sfida tuttora aperta per noi scienziati.

Ogni grande avventura è conseguenza di una serie di avvenimenti che l'hanno resa possibile. Eppure, c'è sempre un singolo evento che determina il punto di svolta decisivo. Se, dunque, mi guardo indietro per ripercorrere a ritroso l'impresa cui ho contribuito, non posso fare a meno di visualizzare la schermata del mio portatile dove campeggia l'avviso di un nuovo messaggio di posta elettronica in arrivo. Sono le 11.15 di mattina del 24 febbraio 2014 e mi trovo nel mio ufficio di ricercatore nella sede del dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa, dove lavoro da circa un anno e mezzo. La email proviene da Johannesburg, una città che conosco bene perché ci ho vissuto tra il 2011 e il 2012, quando ho avuto un contratto sempre come ricercatore presso la locale Università del Witwatersrand, familiarmente chiamata Wits da studenti e professori, dove si trova uno dei più prestigiosi istituti di antropologia evolutiva del mondo, l'Evolutionary Studies Institute. Il testo della email è breve ma esauriente: la mia candidatura al workshop per lo studio dei fossili rinvenuti nelle caverne di Rising Star è stata accettata! Mi chiedono, dunque, se intendo confermare la mia partecipazione.

Il tempo di assimilare la notizia e di condividerla con i colleghi, e all'una confermo. Quindi, chiudo il portatile e me ne torno a casa. Riprendere quello che stavo facendo prima, ovvero preparare la mia prossima lezione del corso sull'evoluzione dei primati, mi risulta impossibile: quel giorno non sarei più riuscito a pensare ad altro.

Il sogno di ogni paleoantropologo nel mio caso si sarebbe dunque presto realizzato, e in più avendo la straordinaria opportunità di studiare una quantità considerevole (si parlava di centinai adi reperti, eccezionalmente ben conservati) di fossili appartenenti a una specie che, stando agli esami preliminari, pareva essere del tutto nuova e la cui scoperta, avvenuta solo pochi mesi prima, stava già tenendo con il fiato sospeso l'intera comunità scientifica mondiale. Ed è così che attraverso un breve messaggio online, una tipica comunicazione del mondo temporaneo, ho compiuto il primo passo verso la conoscenza di Homo naledi, affascinante ed enigmatica creatura emersa delle viscere della terra per fare nuova luce sul nostro più remoto passato. Del resto, naledi (che deriva dal nome del sito Rising Star) significa “stella” nella lingua locale sotho. Una stella nascente i cui misteri ancora insoluti portano a interrogarci sulle origini dell'uomo e a mettere in discussione convinzioni che fino a ieri sembravano assodate.

Damiano Marchi

Ne hanno parlato:
Corriere della Sera "La Lettura"
il Giornale
Geo&Geo
QN 
National Geographic
Tirreno
Il Centro 
Archeologia Viva
ArcheologiaViva.it 
Radio 3 Scienza 

team ales techL’Italia sale a bordo di Hyperloop, per realizzare il “treno del futuro” che con le sue “navicelle” al posto delle carrozze raggiungerà i mille chilometri all’ora e coprirà in meno di 30 minuti una distanza come quella tra Milano e Roma. Il sogno di contribuire al progetto lanciato da Elon Musk, fondatore e amministratore delegato di aziende innovative come SpaceX e Tesla passa per una start-up, un’azienda innovativa italiana con sede a Pisa, la Ales Tech, l’unica azienda tricolore selezionata per cimentarsi nell’impresa e fornire, in questa fase propedeutica, le sospensioni in grado di garantire il comfort dei passeggeri e di ridurre le forti vibrazioni provocate dall’elevata velocità.

La start-up Ales Tech nasce da Hyperloop Team Pisa, il gruppo di studenti in ingegneria dell’Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna che nei mesi scorsi sono stati selezionati (unici in Italia e fra i pochi in Europa) per partecipare alla “SpaceX Hyperloop Pod Competition”, gara universitaria a livello globale indetta da Elon Musk, per presentare il “concept” della “navicella”, l’elemento paragonabile all’attuale carrozza ferroviaria, con design e tecnologia più avanzate, fondamentale nella composizione di Hyperloop.

Ales Suspension System 3Il sistema su cui si muoverà sarà costituito da tubi di acciaio sui quali le “navicelle”, chiamate “Pod”, si muoveranno sino a sfiorare la velocità del suono, in maniera ecologica, sicura, confortevole. Sembra di leggere il soggetto di un film di fantascienza, si tratta invece della rappresentazione di uno sforzo ingegneristico mondiale, di cui l’Italia fa parte e che presto potrebbe trasformarsi in realtà, soprattutto all’indomani dei test condotti nel deserto del Nevada (Usa) e che hanno dato esiti positivi.

L’approccio italiano per contribuire alla realizzazione di quello che Elon Musk ha presentato come il quinto mezzo di trasporto - dopo l’auto, l’aereo, il treno, la nave – è stato caratterizzato da una forte componente innovativa. Anziché concentrarsi sulla progettazione dell’intero veicolo, gli ingegneri hanno rivolto l’attenzione sulle sospensioni della “navicella” e sulle vibrazioni, conseguente criticità che esse presentano, legata alle grandi velocità in gioco. Per superare il problema che avrebbe potuto vanificare gli sforzi per realizzare in tempi brevi il prototipo di Hyperloop, è nata l’idea di realizzare un innovativo sistema, oggi brevettato, di sospensioni smart, capaci di leggere anche la minima imperfezione del tracciato, di massimizzare il comfort per i passeggeri e di garantire la stabilità delle “navicelle”, anche quando raggiungono altissime velocità.

Ales Suspension System 1Il progetto teorico di queste sospensioni è stato presentato in Texas, in occasione della competizione universitaria a cui il team italiano è stato invitato a partecipare. Per il grande apprezzamento i due team leader, Luca Cesaretti (nella foto in basso a sinistra) e Lorenzo Andrea Parrotta, entrambi allievi dell’Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna, hanno trasformato nella tesi il lavoro svolto sul campo, per prepararsi alla gara. La partecipazione italiana alla nascita di Hyperloop poteva terminare con la discussione e invece è successo il contrario: il gruppo si è trasformato in una start-up, la cui nascita è stata sancita in queste ore davanti a un notaio di Pisa ed è stato scelto da diversi team di grandi università americane finalisti alla “SpaceX Hyperloop Pod Competition” il cui vincitore fornirà il concept di Hyperloop.

Al gruppo di ingegneri – del team originale è rimasto anche Tommaso Sartor - si sono ora aggiunti allievi di altre discipline come l’economia e la giurisprudenza tra i quali Andrea Paraboschi e Antonio Davola, nei rispettivi ruoli di responsabile strategia e innovazione e responsabile legale. Ales Tech è pronta al debutto sul mercato, forte dei consensi di alcuni investitori.  “Imprenditori con un’importante storia industriale alle spalle – commenta Andrea Paraboschi - stanno credendo come noi alle possibilità di coronare il sogno di fornire le sospensioni ad Hyperloop e di proseguire la crescita. Gli investitori apprezzano la volontà di innovare nel mondo dell’ingegneria meccanica e il fatto che la nostra soluzione sia trasferibile e applicabile con facilità in contesti e mercati, anche tradizionali”.

luca cesaretti ales tecAles Tech sta già contattando i fornitori per acquistare le parti meccaniche con le quali realizzare le sospensioni. L’obiettivo è individuare tutti i componenti tra quelli prodotti in Italia. “Nel nostro paese – spiega l’ingegnere Luca Cesaretti - sono tantissime le piccole e medie imprese di eccellenza che operano nel campo della meccanica e che possono offrirci i componenti che fanno al caso nostro”.

Il dialogo con gli studenti universitari resta aperto. “Siamo felici di constatare come numerosi studenti di tutta Italia ci contattino per collaborare con noi. Hyperloop è una grande sfida che stimola ricerca e innovazione in numerosi settori e fa piacere vedere che a volerla cogliere siano tantissimi giovani, proprio come noi”, sottolinea Lorenzo Andrea Parrotta. “Stiamo predisponendo un grande programma - aggiunge Antonio Davola – che abbiamo ribattezzato ‘Hyperloop Team Italia’, e che vogliamo lanciare con le più grandi università italiane per stimolare la ricerca su Hyperloop".

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