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Mercoledì 1° febbraio, alle ore 17.00, presso Palazzo Vitelli, nell'ambito del VII congresso della Società Italiana delle Storiche, sarà inaugurata "Sidewalk Stories. Donne negli spazi pubblici del Cairo", una mostra sulla condizione femminile in Egitto. Nell’occasione saranno presenti l'artista egiziana Sarah Seliman e Maria Neubert, curatrice della mostra. Inoltre parteciperanno Laura Savelli, docente dell'Università di Pisa e presidente del Comitato Unico di Garanzia d’Ateneo, Serena Tolino, studiosa di storia di genere nell’Islam all'Università di Amburgo, e Lucia Sorbera, storica del femminismo egiziano all'Università di Sidney. Quest’ultima, in un articolo pubblicato su minima&moralia, propone una riflessione sul femminismo egiziano, presentando la mostra Sidewalk Stories come un esempio di "intreccio tra creatività artistica e attivismo femminista transazionale che abbiamo visto fiorire in Egitto negli ultimi sei anni”.

A riconoscimento dell’alto valore istituzionale, culturale e sociale dell’evento, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha destinato al VII Congresso della Società Italiana delle Storiche la sua medaglia di rappresentanza.

Qui di seguito pubblichiamo per intero l’articolo a firma di Lucia Sorbera.

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Oltre le marce delle donne. Il femminismo alla prova dei regimi autoritari

Alla Marcia delle donne che si è tenuta a Washington il giorno successivo alla cerimonia d’insediamento di Donald Trump la studiosa e attivista Angela Davis ha lanciato un appassionato invito alla resistenza contro la supremazia del patriarcato bianco. Una resistenza che, ammonisce Davis: “Dovrà avvenire quotidianamente nei prossimi 1459 giorni, sul terreno, nelle aule scolastiche, nei luoghi di lavoro, nella nostra arte e nella nostra musica” (enfasi aggiunta da chi scrive).

Il nesso tra espressione artistica e resistenza civile non è nuovo alle femministe egiziane. Se la rivoluzione del 2011 ha aperto una rinnovata stagione di attivismo femminista, già negli anni Novanta del secolo scorso la scrittrice Nawal al-Saadawi analizzava la lunga tradizione delle culture del dissenso, e dedicava un saggio proprio al tema Dissidenza e Creatività (1995), in cui sottolineava la necessità di contestualizzare nel tempo e nello spazio le tecniche di oppressione e sfruttamento, enfatizzava il bisogno di demistificare le parole chiave del Ventesimo secolo, come pace, democrazia, diritti umani, privatizzazione, globalizzazione, società civile, fondamentalismo religioso e postmodernità, e concludeva che la creatività è intrinsecamente dissidente.

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La mostra Sidewalk Stories, che si inaugura presso il Rettorato dell’Università di Pisa mercoledì 1 febbraio 2017, alla presenza dell’artista egiziana Sarah Seliman e di una delle curatrici, la studiosa tedesca Maria Neubert, è solo uno dei tanti esempi di intreccio tra creatività artistica e attivismo femminista transazionale che abbiamo visto fiorire in Egitto negli ultimi sei anni. La Società Italiana delle Storiche, che ha incluso la mostra nel programma del suo Settimo Congresso, conferma la sua vocazione pionieristica, cogliendo la portata e l’importanza dei movimenti femministi internazionali e offrendo uno spazio unico, nel panorama culturale italiano, in cui la storia del femminismo, scritta tenendo conto dell’intreccio tra variabili geopolitiche e culturali, si declina al plurale. Puntando i riflettori su una delle realtà del mondo arabo che oggi si presenta carica di problemi e contraddizioni, l’Egitto contro-rivoluzionario in cui i movimenti delle donne e per i diritti umani mostrano una resilienza sorprendente, la mostra Sidewalk Stories conferma la lezione di Joan Scott, che il genere è un’utile categoria storiografica per analizzare le relazioni di potere.

Nell’avvicinarsi alla mostra Sidewalk Stories è fondamentale, a nostro avviso, distinguere i temi universali, da quelli propri all’ambiente egiziano.

L’universalismo attiene alla violenza, che non conosce confini nazionali, e alle pratiche del femminismo che sono storicamente sedimentate e che fin dai tempi della rivoluzione francese non sono mai state facili in nessuna parte del mondo. Lo sapeva bene la giornalista rivoluzionaria francese Hubertine Auclert (1848-1914), la prima che usò il termine féministe con riferimento a se stessa, spogliandolo della funzione derogatoria che esso aveva tra i suoi contemporanei. Tuttavia, nell’Egitto del generale al Sisi siamo di fronte a nuove forme di repressione del femminismo indipendente, con aspetti inediti di sfacciata violenza.

L’Egitto della cosiddetta “età liberale” (1923-1952) ci aveva abituate all’asimmetria dei diritti tra uomini e donne e all’esclusione – formale – delle donne dalle funzioni politiche istituzionali, salvo permettere ad alcune componenti dell’intellighenzia femminile di intervenire nel dibattito culturale e di agire nella politica attraverso meccanismi di lobby. I primi regimi repubblicani (1952-2011) ci avevano insegnato che si poteva essere parte delle istituzioni solo se si accettavano meccanismi di cooptazione e si mediava tra il desiderio di sviluppare un’agenda femminista indipendente e dialogare con le istituzioni. Perfino il regime di Hosni Mubarak (1981-2011), noto per le violazioni dei diritti umani, gli arresti arbitrari e la repressione di molte organizzazioni di donne, aveva un’agenda politica che le studiose egiziane hanno poi definito “pseudo-femminista” (S. Abulnagha, 2015) e che, tra mille problemi, non ultimo l’adozione di un’agenda economica neo-liberista, che ha avuto conseguenze molto negative per le donne delle classi medie e lavoratrici, qualche spazio d’indipendenza lo lasciava.

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Dopo la breve parentesi rivoluzionaria, descritta da molte attiviste nel segno dell’utopia, la controrivoluzione è stata caratterizzata dalla repressione della società civile, incluse le associazioni femministe. A centinaia di ONG e centri culturali è stata imposta la chiusura, e i beni dell’organizzazione che oggi è il punto di riferimento delle femministe egiziane, Nazra for Feminist Studies, sono stati congelati. Sulla Presidente di Nazra, Mozn Hassan, e sulla Presidente di Egyptian Center for Women’s Rights, Azza Soliman, da anni impegnate in programmi contro la violenza di genere, per la partecipazione delle donne alla politica e per la riforma del diritto di famiglia, pendono accuse che potrebbero essere punite con pene gravissime e, in attesa dell’emissione del giudizio, i loro conti correnti e passaporti sono stati bloccati.

Essere femminista in Egitto oggi è assumere una posizione radicale di dissidenza contro il regime che ha rapito, torturato e ucciso il nostro collega e concittadino Giulio Regeni, un regime che ricorda l’America Latina degli anni Ottanta, che ogni giorno fa sparire giovani egiziani in odore di dissidenza nell’impotenza delle loro famiglie, e che intimidisce intellettuali egiziani e stranieri che si pongono in maniera critica.

Affrontare i temi dell’integrità del corpo e del diritto alla presenza nello spazio pubblico, che fanno parte integrante della storia femminista, significa contribuire all’opera di liberazione dell’Egitto -e del resto del mondo- da quel patriarcato cui fa riferimento Angela Davis nel suo discorso alla Marcia di Washington, ed è un lavoro necessario e urgente per tutte noi. Ma non dobbiamo ignorare che le artiste e intellettuali femministe egiziane contribuiscono a quest’ impresa da anni. Gli esempi sono molti. Basti pensare alle opere della storica dell’arte Baheya Shehab, una delle quali, nel 2012, porta il titolo eloquente di “100 Volte No”, ai lavori dell’artista Huda Lutfi, in cui la storica Margot Badran ha letto una critica femminista del “patriarcato in uniforme” (Badran, 2014), o alle esperienze di teatro di narrazione che sono fiorite tra il 2011 e oggi. Tutte portano al centro i corpi e la sessualità come esperienze di dissidenza e resistenza all’autoritarismo.

Questo è il dibattito in cui s’inserisce la mostra Sidewalk Stories, una mostra importante, che porta al centro della discussione internazionale le strategie di resistenza delle donne alla violenza sessuale nello spazio pubblico. Un tema di rilevanza transnazionale che, in Egitto, ha una sua specificità, perché, fin dall’epoca coloniale, è legato alla violenza politica.

Era il 1919 quando le donne occuparono le strade in protesta contro l’occupazione Britannica. Furono picchiate, arrestate e stuprate con la stessa violenza usata più di un secolo dopo contro le loro pronipoti. Cambiava il colore delle uniformi ma, come ha narrato la drammaturga Leila Soleiman in un dramma teatrale di grande valore artistico e storico (Whings of Freedom, 2014) e in cui il 1919 e il 2011 sono narrati dalla prospettiva delle manifestanti, la brutalità era la stessa.

La mostra è esito di un workshop ideato e realizzato al Cairo da tre studenti dell’Università di Marburgo nel Maggio 2015, al quale hanno partecipato 25 donne dall’Egitto, dal Brazile, dalla Germania, Polonia e Stati Uniti d’America, per discutere come le società costruiscono le identità di genere, e scambiarsi esperienze e strategie nella sfera pubblica. Sidewalk Stories, curata da Maria Neubert, Anne Theresa Bachmann e dalla fotografa Sarah Seliman, una delle partecipanti, già autrice di altre istallazioni su temi femministi nel 2009, un tempo che oggi si definisce pre-rivoluzionario e in cui, chi frequentava regolarmente l’Egitto, sentiva che un profondo cambiamento culturale era nell’aria. Dalla sua prima inaugurazione al Cairo nel 2015 ad oggi, Sidewalk Stories ha conseguito successo internazionale e il Comitato Scientifico del Settimo Congresso SIS l’ha scelta perché ne ha riconosciuto, oltre all’intrinseco valore artistico, il merito politico di spostare l’attenzione dal tema della violenza contro le donne alle strategie attivate dalle donne stesse per combatterla. In Sidewalk Stories le donne sono agenti della storia, non vittime passive.

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In questo modo, la mostra s’iscrive perfettamente nel percorso intellettuale, artistico e politico del femminismo egiziano, sin dalle sue origini all’inizio del XX secolo impegnato su più fronti: da un lato, la lotta contro la violenza delle autorità indigene che, come si apprende dagli studi pionieristici della storica Margot Badran, è trasversale alle affiliazioni politiche e religiose; dall’altro, quella del sistema delle relazioni internazionali, in cui le donne hanno pagato un caro prezzo per la posizione occupata dal loro paese. Non ultima, la lotta contro la violenza epistemologica che, ancora oggi, è esercitata dai media e dagli intellettuali occidentali – incluse molte femministe – che, ignorando i percorsi di attivismo e resistenza delle donne egiziane, riducono la loro immagine a vittime passive di sistemi culturali definiti arretrati e intrinsecamente misogini.

Sidewalk Stories, che non solo nel titolo rende omaggio al celeberrimo film di Charles Lane (1989), ma ne eredita la forza del racconto sociale attraverso immagini che restituiscono la voce agli attori dimenticati dalle narrazioni che pongono al centro le istituzioni, illustra una storia molto più complessa, e lo fa con immagini e parole che possono essere fruite anche da un pubblico ampio, non necessariamente informato sulle vicende della storia politica egiziana.

Mercoledì 1 febbraio, l’inaugurazione della mostra sarà un’occasione per discutere le origini, il presente e le prospettive del femminismo egiziano e transnazionale, e per situare le marce delle donne in una cornice di senso che includa quello che è venuto prima, quello che avviene altrove, e una serie di azioni quotidiane per costruire il futuro. Interverranno, oltre alle ospiti del CUG Maria Neubert e Sarah Seliman, la Professoressa Laura Savelli, docente di storia contemporanea presso l’Università di Pisa e Presidente del CUG di Pisa, la storica di storia e istituzioni dell’Islam Serena Tolino (Università di Amburgo) e chi scrive.
Lucia Sorbera

L'Università e la città di Pisa celebrano i 50 anni delle Tesi della Sapienza, un documento simbolo di un momento cruciale di elaborazione politico-culturale, oltre che di approfondimento su tematiche più strettamente universitarie, che è considerato il punto d’avvio delle elaborazioni, delle proposte e delle proteste che sfociarono da lì a pochi mesi nel movimento del 1968. Lo fanno con un incontro aperto a tutti i cittadini, che si terrà nella sede della Gipsoteca di Arte Antica alle 16.30 di venerdì 10 febbraio, proprio in concomitanza con la data di pubblicazione delle Tesi, che furono elaborate durante l'occupazione del Palazzo della Sapienza tra il 7 e l'11 febbraio 1967.

pisa 68 volantinoL'iniziativa, che metterà a confronto studiosi e testimoni di quel periodo, sarà aperta dall'introduzione degli storici Michele Battini (Università di Pisa) e Giampaolo Borghello (Università di Udine). Seguirà una tavola rotonda allargata a voci e testimonianze, volutamente diverse, che ripercorreranno l'esperienza di quei giorni: Vittorio Campione e Gian Mario Cazzaniga, indicati tra i principali ispiratori delle Tesi, Gliuliana Biagioli, che era tra gli studenti che avevano occupato la Sapienza, e Raffaello Morelli, all'epoca esponente della cultura liberale. A moderare il dibattito ci sarà Bruno Manfellotto, editorialista del gruppo "L'Espresso". Nel corso dell'incontro, inoltre, sarà proiettato il video dal titolo "I giorni della Sapienza. Appunti per un documentario" che riunisce filmati storici, a cura di Lorenzo Garzella e Nicola Trabucco. La giornata vede anche la partecipazione del Cinema Arsenale, con la proiezione serale del film "Qualcosa nell'aria" di Olivier Assayas, che aprirà il ciclo "Intorno al '68". Per l'occasione, l'Ateneo ha deciso di ripubblicare le Tesi, in un quaderno edito dalla Pisa University Press.

La giornata dedicata alle Tesi della Sapienza è stata presentata in una conferenza tenuta in Rettorato lunedì 30 gennaio, alla quale hanno partecipato il prorettore vicario Nicoletta De Francesco, il sindaco Marco Filippeschi, la delegata per la diffusione della cultura dell'Ateneo, Sandra Lischi, l'assessore comunale alla Cultura, Andrea Ferrante, il direttore della Biblioteca Franco Serantini, Franco Bertolucci, e lo storico Alessandro Breccia.

I relatori hanno ricordato che l'incontro del 10 febbraio sarà seguito da un ciclo di iniziative tese ad approfondire il contesto del '68, curate in modo coordinato da Università, Comune, Biblioteca Franco Serantini, Cinema Arsenale e da altri eventuali partner. In programma ci sono riflessioni su aspetti e protagonisti del '68 a Pisa e in Italia e vari appuntamenti cinematografici, teatrali ed espositivi, per arrivare tra fine 2017 e inizio 2018 a un convegno di studi che mirerà a inserire il '68 nella complessiva storia contemporanea italiana e mondiale, approfondendo in modo specifico il ruolo di Pisa. Il convegno, che sarà curato da un gruppo di studiosi dei dipartimenti di Civiltà e Forme del Sapere e di Scienze politiche, nasce su iniziativa dei professori Luca Baldissara, Michele Battini e Alessandro Breccia.

Le iniziative ideate e gestite dai diversi enti, con le loro specificità, saranno affiancate e contrassegnate da un logo che, con una grafica ispirata al periodo, evoca i vari anni, dal 66 al 69, per indicare l’arco di tempo abbracciato dalle attività.

"L’Ateneo di Pisa - ha detto il prorettore vicario, Nicoletta De Francesco - ritiene importante promuovere, con la necessaria distanza storica e critica, momenti di conoscenza (non celebrativi, né nostalgici) su un periodo che ha visto la nostra città e la nostra Università come protagonisti centrali e in molti casi anticipatori e pionieristici. L’augurio è quello di poter attivare una riflessione feconda, che, anche attraverso una varietà di sguardi, discipline e arti, vada oltre la specifica occasione della ricorrenza e metta a confronto generazioni diverse e diversi modi di rilettura e comprensione della nostra storia".
"Cinquant'anni dopo - ha continuato il sindaco Marco Filippeschi - c'è da riflettere su una vicenda importante della nostra storia contemporanea maturata a Pisa. Ma dalla memoria dobbiamo anche trarre qualche spunto guardando al futuro, in una stagione di straordinari cambiamenti, d'incertezze e di regressioni. In particolare sulla partecipazione politica e sociale dei giovani, che è un grande tema, molto stimolante".
“È importante ricordare un passaggio così significativo della storia recente partendo da un evento che ha contribuito ad avviarlo proprio a Pisa – ha concluso l’assessore Andrea Ferrante – il quadriennio che va dal ’66 al ’69 ha rappresentato non solo per la nostra città un momento di decisiva trasformazione. È giusto dedicare, anche con metodo critico, una approfondita riflessione a quegli anni visti dall’epoca di oggi”.

Ne hanno parlato:
Tirreno
QN
Nazione Pisa
PisaInformaFlash.it
GoNews.it
Pisa24.info
ToscanaNovecento.it
PisaToday.it

pisa 68 conf

Ricercatori dell’Università di Manchester e dell’Università di Pisa hanno dimostrato la possibilità di realizzare circuiti e dispositivi elettronici con una nuova tecnologia basata sulla stampa a getto di inchiostro di grafene e altri materiali bidimensionali. Il gruppo di ricerca dell’Università di Manchester, guidato dalla professoressa Cinzia Casiraghi, ha sviluppato un metodo per la produzione di inchiostri a base d’acqua contenenti materiali bimensionali, che potrebbero trasformare le eterostrutture di cristalli bidimensionali da prodotti di laboratorio in prodotti commerciali. Con tali inchiostri, i ricercatori dell’Università di Pisa e di Manchester hanno creato memorie digitali.

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Il grafene è il primo materiale bidimensionale: 200 volte più forte dell’acciaio, leggero, flessibile e più conduttivo del rame. Da quando è stato isolato, nel 2004, la famiglia dei materiali bidimensionali è diventata molto numerosa. Usando il grafene e altri materiali bidimensionali, gli scienziati possono affiancare e sovrapporre strati come fossero mattoncini Lego in una sequenza desiderata, chiamata “eterostruttura”, per realizzare dispositivi dedicati ad applicazioni specifiche.

“Con eterostrutture verticali e laterali è possibile ottenere un numero enorme di combinazioni tra cui selezionare le proprietà e le geometrie più adatte per ogni uso – dice il professor Giuseppe Iannaccone, docente di Elettronica al dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa – Stiamo esplorando con attenzione e pragmatismo le potenzialità applicative dei materiali bidimensionali, tenendo presente che storicamente l’introduzione di nuovi materiali e nuove tecnologie di produzione ha continuamente ampliato gli impieghi dell’elettronica”.

Fino ad oggi gli inchiostri per realizzare eterostrutture con metodi semplici e a basso costo erano lontani dall’ideale, perché usavano solventi tossici o richiedevano processi costosi e lenti. “I nuovi inchiostri sviluppati dall’Università di Manchester sono a base d’acqua e biocompatibili e sono adatti a una tecnologia a basso costo come la stampa a getto di inchiostro – aggiunge il professor Gianluca Fiori, anche lui docente di Elettronica al dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa – Per questo motivo stiamo ideando e realizzando con i colleghi di Manchester dispositivi e circuiti elettronici stampati su substrati flessibili per l’uso in etichette intelligenti, beni di consumo e applicazioni biomedicali”.

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Ne hanno parlato: 
Repubblica.it
Corriere Imprese Toscana
InToscana.it
Nazione Pisa
NazionePisa.it 
AskaNews 
QuiNewsPisa.it
gonews.it 

Phys.org
RD Magazine
The Engineer UK

logo real academia La professoressa Marcella Aglietti, ordinario di Storia delle istituzioni politiche al dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Pisa e delegata del rettore per il Dottorato di ricerca, è stata eletta Accademica Corrispondente per l'Italia della Real Academia de la Historia di Spagna, una tra le maggiori onorificenze che uno storico possa ricevere in quel paese. La Real Academia, nata agli inizi del Settecento, è paragonabile per prestigio all’Accademia italiana dei Lincei, anche se il suo ambito di attività riguarda esclusivamente la conoscenza storica.

Marcella Aglietti si è laureata in Scienze politiche all’Università di Pisa nel 1994 e ha conseguito il perfezionamento in Storia moderna e contemporanea alla Scuola Superiore Sant’Anna. Fin da allora, conduce le sue ricerche tra le maggiori biblioteche ed archivi spagnoli grazie a borse di studio e a finanziamenti ottenuti nell’ambito di progetti nazionali e internazionali, in collaborazione con il Consejo Superior de Investigaciones Científicas e, più recentemente, anche della Universidad Complutense di Madrid.

Studiosa di storia istituzionale e politica in età moderna e contemporanea, la professoressa Aglietti si è dedicata, tra l’altro, ad approfondire i processi di emigrazione delle nobiltà tosco-spagnole durante l’epoca granducale e la storia parlamentare di Spagna tra Ottocento e inizi Novecento.

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auschwitz gleis orizRicordare in modo attivo, ricordare e tramandare coinvolgendo la città tutta. Anche quest’anno "Pisa non dimentica" dedica al Giorno della Memoria un nutrito programma di eventi elaborato dal Comune di Pisa, dalla Prefettura di Pisa e dalla Scuola Normale Superiore e arricchito dalla partecipazione di Acquario della Memoria, ANED, ANPI, ANPPIA, Associazione 24 marzo, il Centro interdipartimentale di studi ebraici dell’Università di Pisa, Cineclub Arsenale, Comunità ebraica di Pisa, Fondazione Teatro Verdi, Istituti comprensivi di Pisa, Palazzo dei Congressi, Programma Cultura Educazione, Questura di Pisa, Scuole Secondarie superiori, Società Filarmonica Pisana e Toscana Aeroporti, che hanno collaborato con proprie iniziative alla stesura del programma.

«L'apertura dei cancelli di Auschwitz il 27 gennaio del 1945 ha segnato la dolorosa scoperta di quanto l'umanità possa essere disumana: nei campi di sterminio ha preso forma il peggiore incubo di una persona, quella di diventare solo un numero e poi nemmeno più quello, dispersa in cenere al vento attraverso un camino con i suoi sogni, la sua cultura di appartenenza, le sue preferenze in amore, le sue idee politiche, anzi a causa della sua diversità, che sia per appartenenza ad un popolo, per orientamento sessuale o politico – ha sottolineato l’assessora Marilù Chiofalo – Di questo orrore non c'è sufficiente consapevolezza, basta pensare all'ultima donna non uccisa ma fatta a pezzi con 23 coltellate, alle campagne di odio condite di immagini volgari contro le persone omosessuali o straniere, o semplicemente contro chi ha un'idea politica diversa, alle donne che in politica si comportano come uomini, ma non come quei tanti uomini perbene, ma come gli uomini che odiano le donne. Quest'anno ne parliamo coinvolgendo persone di cui più di 1000 studenti in un programma di oltre 20 iniziative organizzate da altrettante istituzioni e associazioni, due tra queste sono l'incontro di 1000 studenti con le nostre tre donne militanti della memoria, Andra e Tatiana Bucci sopravvissute ad Auschwitz e Vera Vigevani Jarach per la prima volta insieme, e BENT uno spettacolo di prosa nella stagione del Verdi e nel programma Culturèducazione, che racconta con ironia e dolcezza la storia di una coppia omosessuale in un campo di sterminio. Vi aspettiamo.»

Due settimane di appuntamenti, come ricordava l’assessora, con incontri, spettacoli, dibattiti e cerimonie ufficiali in un intreccio di ricordi e attualità. Cifre caratterizzanti del programma la multicanalità dell’offerta che vuole coinvolgere tutti i cittadini e parlare in linguaggi diversi ma anche la partecipazione sempre più fattiva degli studenti. Proprio agli studenti è rivolto uno dei primi appuntamenti con la matinèe al Teatro Verdi prevista per il 26 gennaio alle ore 10.00. In scena lo spettacolo “Bent” di Martin Sherman per la regia Lorenzo Tarocchi. Un dramma particolarmente intenso che esplora una zona d’ombra delle persecuzioni razziali ovvero quella legata ai “triangoli rosa” e all’omosessualità. A seguire una conversazione con il regista, gli attori e Micaela Frulli, professoressa associata di diritto internazionale dell’Università di Firenze. Si tratta di un progetto speciale curato dalla Fondazione Teatro di Pisa in collaborazione con il Programma Cultura Educazione dell'Assessorato alle Politiche educative del Comune di Pisa. (Comunicato dell'Amministrazione comunale).

Consulta il programma del 27 gennaio. 

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L’iniziativa del Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici dell'Università di Pisa

Martedì 7 febbraio, alle ore 9.00, nell'Aula magna del dipartimento di Filologia, letteratura, linguistica, si terrà una lezione del professor Raffaele Mantegazza, dell'Università Milano Bicocca, intitolata "Questo odore di fumo..." Non solo memoria: qui e ora, le tracce di Auschwitz. Seguirà dibattito.

copertina libro biancheri cerviaÈ uscito il volume “La costruzione della salute nel welfare sanitario” (Pisa University Press, 2017) che raccoglie gli atti del VI Congresso Nazionale della Società Italiana di Sociologia della Salute che si è svolto a Pisa nel 2015.
Le curatrici sono Rita Biancheri, professoressa associata di Sociologia dei processi culturali del dipartimento di Scienze Politiche dell’Ateneo e Silvia Cervia, ricercatrice presso lo stesso dipartimento. Riportiamo qui un estratto dall’introduzione a firma di Rita Biancheri.

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Il volume che qui presentiamo raccoglie alcuni dei principali contributi del VI Congresso nazionale della S.I.S.S. che si è tenuto a Pisa l’11 e il 12 giugno 2015, in collaborazione con la Sezione AIS (Associazione italiana di Sociologia) Sociologia della salute e della medicina dal titolo: La costruzione della salute nel welfare socio-sanitario. Nuovi scenari e pratiche sociologiche.

I saggi sono stati selezionati con un processo di doppio referaggio cieco e sono divisi in due parti: Contributi teorici ed Esperienze, per agevolarne la lettura e rendere la fruizione maggiormente proficua, data l’ampiezza degli argomenti trattati e la difficoltà di individuare specifiche unità tematiche, come quelle proposte all’interno del convegno. La quantità consistente di relazioni presentate, nelle numerose sezioni, e la ricchezza degli apporti conoscitivi prodotti, sia sul piano della riflessione che della metodologia, non ci ha consentito di pubblicare tutti gli articoli ricevuti, ma si è dovuto procedere ad una valutazione, anche in base ai risultati conseguiti nelle indagini empiriche. Di conseguenza, l’omogeneità che derivava dai filoni di ricerca definiti per le sessioni del convegno come possibili oggetti di studio non solo sociologici, ma sui quali potessero convergere anche discipline affini, è stata sostituita da due parti più generali che ci hanno consentito di recuperarla, adattandola ai fini della pubblicazione. Abbiamo anche individuato un possibile filo rosso nella successione degli articoli, poiché l’obiettivo che il comitato scientifico si era posto, nell’affrontare un argomento così ambizioso, oltre a rinnovare il dibattito e richiamare l’attenzione sullo stato dell’arte dell’integrazione socio-sanitaria, era anche quello di dare possibili risposte in una fase di “ricalibratura” dei sistemi di welfare.

Rita Biancheri

Emilio CristianiÈ scomparso alcuni giorni fa il professor Emilio Cristiani, a lungo docente di Storia medievale dell’Università di Pisa, nominato Emerito nell’anno accademico 2006/2007. Nato a Pisa nel 1926, si è laureato in Lettere nell’Ateneo pisano nel 1948. Dopo la laurea è stato assistente della cattedra di Storia medievale fino al 1964, anno in cui è stato nominato professore ordinario di Storia presso la facoltà di Magistero dell’Università di Messina. Nel 1966 è rientrato all’Università di Pisa, alla facoltà di Economia e commercio, per insegnare Storia. Nel 1968 è stato trasferito alla facoltà di Lettere e filosofia, dove ha insegnato Storia medievale fino al pensionamento, nel 1999. Dal 1987 al 1990 è stato direttore del dipartimento di Medievistica. Nel 1977 è stato insignito dell’Ordine del Cherubino.

È stato presidente della Deputazione di Storia Patria della Toscana e della Società storica pisana. Allievo di Ottorino Bertolini a Pisa e Federico Chabod a Roma, è stato un insigne studioso di storia comunale. Il suo volume su “Nobiltà a Popolo nel Comune di Pisa. Dalle origini del podestariato alla signoria dei Donoratico”, uscito nel 1962 presso l’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli, ha fatto epoca negli studi sul comune due e trecentesco, identificando una ad una le famiglie nobili e popolari coinvolte nel governo cittadino e studiando i meccanismi effettivi di gestione del Comune, fino a costruire un modello valido anche per altre città. Come docente ha diretto numerose tesi di laurea, dedicate soprattutto all’edizione e allo studio di fonti inedite. Il suo lungo rapporto di colleganza con Cinzio Violante ha fatto sì che l’Università di Pisa diventasse uno dei centri più qualificati per lo studio della Storia medievale.

(L'immagine del prof. Emilio Cristiani è tratta dal progetto fotografico del 2008 intitolato "Razza italiana", a cura di Oliviero Toscani).

omogeinizzati Produrre omogeneizzati di carne, verdura e frutta biologici a Km zero e con materie prime tutte toscane. È questo l’obiettivo del progetto biennale “Peter Baby Bio” appena finanziato dalla Regione Toscana e coordinato scientificamente dall’Università di Pisa.

“Lo scopo è di mettere a punto alimenti per l’infanzia che siano innovativi per le metodologie di produzione, la tracciabilità delle materie prime, le caratteristiche nutrizionali e la sicurezza alimentare”, ha spiegato Marcello Mele, responsabile scientifico del progetto e professore del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa.

“Peter Baby Bio” si inserisce nell’ampia discussione attuale sull’origine delle materie prime e sulla possibile presenza di inquinanti degli omogenizzati in commercio. Il Podere Pereto a Rapolano Terme in provincia di Sien,a che ha una documentata esperienza nei sistemi di produzione da agricoltura biologica, è l’azienda che produrrà gli omogeneizzati e che svolge il ruolo di capofila. La consulenza dietistica per le ricette degli omogeneizzati sarà fornita dall’equipe del professore Giovanni Federico, pediatra del dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa.

“Testeremo gli alimenti, anche per la palatabilità, cioè la gradevolezza al gusto, prima e dopo la trasformazione – aggiunge Marcello Mele - per valutare il mantenimento delle proprietà nutrizionali originali e l’assenza di sostanze inquinanti e o tossiche, anche generate durante il processo di trasformazione”.

Le analisi saranno condotte nei laboratori dell’Università di Pisa del professore Marcello Mele e della professoressa Annamaria Ranieri, e in quelli dell’Università di Siena del professore Claudio Rossi e dell’Università di Bologna della professoressa Maria Rodriguez Estrada. Il coordinamento delle attività tecniche sarà curato dalla dottoressa Alice Pollicardo, agronoma dello Studio di Agronomia BioProject, Monteroni D’Arbia di Siena.

L’avvio ufficiale del progetto sarà giovedì 26 gennaio con una giornata divulgativa che si svolgerà dalle 9.30 nell'azienda agricola Poggio Alloro a San Gimignano in provincia di Siena.

Sono 171 i ragazzi che sabato 21 gennaio, con una cerimonia istituzionale che si è tenuta a Palazzo dei Congressi, hanno ritirato il diploma di laurea di primo livello in Ingegneria conseguita nel secondo semestre del 2016 all'Università di Pisa. I neolaureati hanno presentato una breve sintesi dell’attività svolta come prova finale, ricevendo poi il loro diploma di laurea o, se laureati con lode, una medaglia della Scuola interdipartimentale di Ingegneria, appositamente realizzata. Alla cerimonia, ha portato i suoi saluti anche il rettore Paolo Mancarella.

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La commissione, abbigliata nella tradizionale divisa comprendente toga, tocco e pettorina, era formata dal neo-presidente della Scuola interdipartimentale di Ingegneria, Alberto Landi, dal professor Massimo Ceraolo, presidente di cerimonia, e dai vari presidenti dei corsi di laurea che si sono alternati nelle varie sessioni della giornata: Buno Neri (Ingegneria elettronica); Marco Avvenuti, in sostituzione di Gigliola Vaglini (Ingegneria informatica); Giuliano Manara (Ingegneria delle Telecomunicazioni); Luigi Landini (Ingegneria biomedica); Massimo Losa (Ingegneria civile ambientale e edile, Ingegneria civile e ambientale; Ingegneria civile dell’ambiente e del territorio, Ingegneria edile); Alessandro Franco (Ingegneria elettrica/energetica/dell’energia); Walter Ambrosini (Ingegneria della sicurezza industriale e nucleare, Ingegneria nucleare e della sicurezza e protezione e Ingegneria meccanica, quest'ultima in sostituzione di Sandro Barone); Maria Vittoria Salvetti (Ingegneria Aerospaziale); Sandra Vitolo (Ingegneria chimica); Andrea Bonaccorsi (Ingegneria gestionale).

«Questa è stata la seconda cerimonia di consegna dei diplomi e, come e più della precedente (svoltasi lo scorso 2 luglio) è stata coronata da buon successo - commenta il professor Massimo Ceraolo - I laureati, alcuni emozionati altri più spigliati, hanno avuto l’opportunità di esporre ad un’ampia platea il lavoro che hanno svolto come prova finale. La commissione ha ascoltato con interesse le relazioni, ricavandone anche un quadro ricco e completo delle varie attività che vengono svolte a coronamento del corso di laurea. La stessa commissione, alla fine di ogni turno, ha applaudito coralmente tutti i neo-laureati, incoraggiandoli a farsi strada nelle loro future carriere lavorative o di studio, portando alto il nome dell’Università di Pisa e della Scuola di Ingegneria».

Qui di seguito, pubblichiamo alcune foto della cerimonia che la Scuola interdipartimentale di Ingegneria metterà a disposizione dei laureati nei prossimi giorni.

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Ne hanno parlato:
Tirreno Pisa
PisaInformaFlash.it
gonews.it
quinewspisa.it
pisa24.info

 

L'innamoramento modifica la biologia del cervello. Tante persone l'hanno sperimentato e anche la scienza, da decenni, ha ampiamente suffragato quella che è un’esperienza universale. L’ultimo lavoro sul tema è uscito sulla rivista americana "CNS spectrums", intitolato "Decreased lymphocyte dopamine transporter in romantic lovers", realizzato dal gruppo guidato dalla dottoressa Donatella Marazziti – dell'unità operativa Pschiatria 1 universitaria, diretta dalla professoressa Liliana Dell'Osso – (in collaborazione con i colleghi Stefano Baroni, Gino Giannaccini, Armando Piccinni, Federico Mucci, Mario Catena-Dell’Osso, Grazia Rutigliano, Gabriele Massimetti e Liliana Dell’Osso), aggiunge un ulteriore tassello al complesso mosaico della modulazione biologica dell’innamoramento. 

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Con questo lavoro i ricercatori hanno infatti dimostrato l'aumento di un neurotrasmettitore, la dopamina, nel cervello degli innamorati. Il coinvolgimento di tale sostanza era già stato indirettamente dimostrato da studi di risonanza nucleare magnetica funzionale che avevano evidenziato come, negli innamorati, funzionino maggiormente le aree cerebrali che usano la dopamina. Il gruppo della dottoressa Marazziti ha invece dimostrato direttamente che la dopamina è a concentrazioni più alte negli innamorati. Questa modificazione della dopamina sarebbe alla base della gioia, dell’aumento di energia, del desiderio di unione psichica e sessuale con l’altro e, in generale, del piacere legato alla relazione. Queste alterazioni di neurotrasmettitori importanti quali la serotonina e la dopamina potrebbero però anche spiegare come talvolta la relazione affettiva possa trasformarsi in una fase di vita rischiosa per alcuni individui più fragili, al punto da scatenare vere e proprie patologie psichiatriche o disturbi comportamentali quali lo stalking e l'aggressività auto e eterodiretta.

donatella marazziti“Non ci sono dubbi – spiega la dottoressa Marazziti (nella foto a destra) - che l’innamoramento sia un forma transitoria di follia. Analizziamo bene cosa ci succede quando siamo innamorati. Siamo costantemente su di giri, spesso euforici, o alterniamo momenti di gioia ad altri di sconforto estremo se il partner ci tiene sulla corda, il pensiero è costantemente rivolto all’altro che trasfiguriamo come l’essere più straordinario che esista sulla faccia della terra. Perdiamo interesse nelle attività quotidiane che ci sembrano tutte inutili e banali, dato che il nostro unico interesse è stare con l’altro, e come e dove rivederlo”.

Già vent’anni fa la dottoressa Marazziti aveva dimostrato che esiste una modificazione biologica negli innamorati, vale a dire una riduzione della serotonina, uno dei principali messaggeri chimici del cervello, che funziona un po’ come un freno inibitore nel cervello. La riduzione della serotonina negli innamorati è simile a quella rilevata in tanti pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo, ed è stata infatti collegata dalla psichiatra a quella particolare modalità di pensiero “ossessivo” focalizzato sul partner che, secondo gli psicologi, sembra la caratteristica più specifica dell’innamoramento. Dopo questo studio, ne sono seguiti molti altri fatti da gruppi di ricerca diversi che hanno confermato modificazioni neurobiologiche nei soggetti innamorati, come un aumento delle neurotrofine, o attivazione di specifiche aree cerebrali. Il gruppo di Pisa ha continuato a lavorare su questi percorsi di ricerca e successivamente ha riscontrato alterazioni di vari ormoni negli innamorati, e correlazioni tra ossitocina, gelosia e stili di attaccamento romantico. (Fonte Ufficio Stampa AOUP).

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