
Fondamentale è stato l'utilizzo della Risonanza Magnetica funzionale per registrare l'attività cerebrale dei neonati a 7 settimane di età. Ed è stata una sfida davvero impegnativa quella di gestire dei bambini così piccoli, svegli e collaborativi dentro allo scanner di Risonanza Magnetica, che richiede ai soggetti di restare fermi per lungo tempo. La professoressa Morrone e il suo team hanno superato queste difficoltà, riuscendo a registrare l'attività cerebrale dei piccoli in risposta agli stimoli visivi. "Precedenti studi di Risonanza Magnetica funzionale nei neonati hanno individuato con successo l'area visiva primaria, ma non erano riusciti a mappare la costellazione delle aree corticali che presiedono alle funzioni del movimento visivo e della direzione - prosegue la professoressa Morrone -. Una difficoltà dovuta al fatto che queste aree non rispondono in modo affidabile durante la sedazione o il sonno del neonato". Per incoraggiare il bambino a restare tranquillo e guardare gli stimoli visivi i ricercatori sono rimasti accanto ai piccoli. La stessa professoressa Morrone è riuscita a portare a termine sedute di 30 minuti con bambini rassicurati dal tocco della sua mano sotto la testa. In altre situazione l'esame è stato eseguito con la presenza della mamma. In questo modo è stato possibile tenere attenti i bambini agli stimoli visivi per un tempo sufficiente a produrre dei dati affidabili.

In un successivo esperimento di controllo svolto sempre con la Risonanza Magnetica funzionale il team ha testato 9 piccoli del campione già sottoposto ai test, stavolta mentre dormivano. Nell'analizzare l'attività cerebrale nelle aree sensibili al movimento identificate nel primo esperimento hanno trovato molte somiglianze tra bambini e adulti, ma anche differenze notevoli: molto diverso è lo sviluppo delle connessioni funzionali tra queste aree associative a la corteccia visiva primaria. "Questo risultato suggerisce che alcune di queste aree nel bambino possano ricevere una innervazione che segue un diverso percorso rispetto all'adulto, e che non coinvolge l'area corticale primaria visiva, come è stato osservato anche nelle scimmie. Questo circuito alternativo di innervazione potrebbe essere la base di molti fenomeni di riorganizzazione che osserviamo in adulti con lesioni congenite", afferma Laura Biagi che è primo-coautore dello studio con Sofia Crespi.
Complessivamente lo studio ha dimostrato come le principali aree corticali che servono all'elaborazione del movimento proprie degli adulti, in realtà siano all'opera già a 7 settimane di vita. Anche se il dato certamente più sorprendente è che i bambini così piccoli, che ancora non sanno camminare, già abbiano la percezione della posizione del proprio corpo nel mondo esterno . Questi risultati sono molto importanti per le implicazioni cliniche che ne potrebbero derivare, in particolare per quanto riguarda quei disturbi dello sviluppo neurologico come l'autismo e la paralisi cerebrale, in cui la visione ne viene compromessa. Questa ricerca fornisce indicazioni preziose sulla posizione in cui si trovano le diverse aree visive del cervello infantile e il loro stato di maturazione. Mappe che possono guidare i medici verso nuove prospettive riabilitative appropriate e maggiormente efficaci se realizzati durante certe finestre temporali dello sviluppo.
Immagini:
Figura in alto: le immagini della risonanza magnetica funzionale
Nella foto: da sinistra Crespi, Morrone, Tosetti, Biagi