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L’Università di Pisa coinvolta in prima linea nel recupero e studio dello scheletro di una balenottera millenaria

Lo scheletro è stato rinvenuto a Viareggio a 2 km dalla costa

Nel 2007 a Viareggio, a 2 km dalla costa, uno scavo fortuito portò alla luce quattro enormi vertebre caudali (una intera altre frammentarie) che Giovanni Bianucci, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, identificò come appartenenti a una balenottera comune (Balaenoptera physalus) o a una balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) di circa 20 metri di lunghezza. Inizia così la storia della balenottera che a Viareggio già chiamano “Ondona”.

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Ricostruzione della balenottera con evidenziate le vertebre recuperate.


Successive indagini geofisiche condotte da Monica Bini e Adriano Ribolini, geomorfologi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, e da ricercatori dell’Università di Parma hanno permesso di individuare la probabile presenza di parti significative di scheletro, nella stessa area da dove provengono le vertebre già recuperate, a 1-2 metri di profondità sotto il livello del suolo. L’area di ritrovamento è geologicamente caratterizzata da una serie di cordoni litoranei formati progressivamente negli ultimi 7000 anni dai sedimenti trasportati dai corsi d’acqua e poi presi in carico dalle correnti litoranee e deposti lungo costa.

Dopo anni di attesa, si sono create finalmente le condizioni per poter recuperare e studiare questo importante reperto, grazie anche alla sensibilità del sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro che con entusiasmo sta sostenendo questa iniziativa. È stato pertanto costituito un gruppo di lavoro che ha come capofila ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e che vedrà coinvolti anche tirocinanti, dottorandi e il Museo Geopaleontologico GAMPS di Scandicci (FI) che da anni collabora con i paleontologi dell’Università di Pisa per il recupero di vertebrati fossili. Il giornalista e divulgatore scientifico Francesco Bertolucci curerà un documentario esclusivo destinato a tv italiane e straniere.

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Le vertebre caudali rinvenute nel 2007.

Il progetto prevede anche l’organizzazione di un laboratorio didattico aperto alle scuole che permetterà agli alunni di partecipare alle fasi di scavo e di studio di questo reperto. Si tratterebbe di un’iniziativa simile a quella del "Laboratorio per il monitoraggio dell'ambiente e del clima” svolto presso il Teatro della Musica a Torre del Lago anch’esso attivato dal Dipartimento di Scienze dell’Università di Pisa insieme al Comune di Viareggio e alla Fondazione Festival.

Dal punto di vista scientifico - spiega Monica Bini - contestualizzare il ritrovamento nell’ambito dell’evoluzione della pianura costiera versiliese potrebbe avere un’importanza rilevante. In particolare potrebbe contribuire a definire nel dettaglio le tempistiche di progradazione di questo tratto costiero. Si potranno così indagare meglio le cause, non solo di questo fenomeno di progressiva sedimentazione, ma anche delle eventuali stasi sedimentarie o addirittura di fasi di retrogradazione con indubbie ricadute anche sulla possibile evoluzione futura di questo territorio.

In quest’ottica le operazioni di scavo – precisa Adriano Ribolini - potrebbero essere precedute da ulteriori indagini geofisiche (Georadar) per permettere sia di individuare con maggiore dettaglio la posizione dello scheletro e potenzialmente di verificare l’esistenza di altri resti fossili, ma anche di definire il contesto stratigrafico in cui sono preservati.

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Prospezione con Georadar condotta dai ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa finalizzata ad individuare eventuali ossa fossili nel sottosuolo.


Lo scheletro di questa balenottera - afferma Giovanni Bianucci - riveste una grande importanza scientifica, didattica e mediatica per molti motivi legati principalmente alle sue enormi dimensioni. In particolare, rappresenta un tassello importante per ricostruire gli effetti dell’impatto antropico e della recente evoluzione climatica sull’ecosistema Mediterraneo. Supporta infatti l’ipotesi, avvallata da diversi ritrovamenti fossili e archeologici, che in passato le balene del Mediterraneo fossero più grandi e diversificate di quelle attuali.

Le balene - continua Giovanni Bianucci - sono oggi considerate “gli ingegneri dei mari” poiché la loro presenza è fondamentale per la stabilità degli ecosistemi marini e pertanto le azioni finalizzate alla loro conservazione, dalla messa al bando della caccia alla protezione delle aree di maggiore frequentazione di questi grandi cetacei, sono molto importanti.

Altrettanto significative - conclude Monica Bini - sono però anche le campagne di sensibilizzazione e tutte quelle azioni che contribuiscono a portare il grande pubblico a conoscenza di temi così attuali: fra queste rientra a pieno titolo la valorizzazione della balenottera di Viareggio, trovata all’interno del Santuario Pelagos, un’area marina protetta di interesse internazionale nota per la concentrazione di cetacei ma anche estremamente vulnerabile.

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