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Ateneo in lutto per la scomparsa del professor Piero Paolicchi

Già ordinario di Psicologia Sociale, il professore è stato per molti anni direttore del CAFRE

46 piero paolicchiÈ scomparso il 4 agosto all’età di 80 anni Piero Paolicchi (foto a destra), già professore ordinario di Psicologia Sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche della nostra università. In pensione dal 2010, il professor Paolicchi si era laureato in Ateneo in Lettere Moderne nel 1962, quindi era stato associato a Scienze Politiche dal 1980 al 2000 ed aveva ricoperto l’incarico di direttore Centro di Ateneo di Formazione e Ricerca Educativa (CAFRE) dal 2001 al 2009. Alle molte pubblicazioni accademiche, il professor Paolicchi ha associato importanti collaborazioni internazionali, in particolare con il Cambridge Handbook of Sociocultural Psychology, ed una intensa attività di divulgatore con libri che lo hanno reso noto al grande pubblico come "Il fattore I — La teoria generale dell'imbecillità", "Homo Ethicus" e "La variabile G".

L’Ateneo si unisce al cordoglio per la sua scomparsa, i funerali del professor Paolicchi si svolgeranno oggi 5 agosto alle 16,30 nella Chiesa della Sacra Famiglia.

Pubblichiamo di seguito un ricordo del professor Paolicchi a firma dell’amico e collega Antonio Aiello, ordinario di Psicologia Sociale presso il dipartimento di Scienze Politiche del nostro Ateneo.

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Piero Paolicchi è stato Professore Ordinario di Psicologia Sociale a Pisa. Piero era un uomo sincero, schietto, arguto verso cui una distinzione tra il lato umano e quello del professore universitario costituirebbe una leggerezza imperdonabile. Un collega e amico di molti nella città e nella comunità accademica Pisana dove è stato attivo nella Scuola di Servizio Sociale prima e nella Facoltà di Scienze Politiche e Sociali poi, nonché in numerosi e qualificati Centri di Ricerca.

Piero affrontava con grande curiosità, grinta e interesse l’approccio verso i temi di ricerca applicata che l’hanno appassionato come psicologo sociale per oltre trent’anni, mai disgiunti da pari atteggiamento verso i suoi interlocutori, spesso oggetto delle sue stesse ricerche, gli studenti, le persone fragili, i cittadini. Piero credeva in una psicologia fuori da quei confini che le correnti dominanti nella letteratura suggerivano come mainstream; confini che credeva un dovere etico del ricercatore sociale dover varcare con determinazione e passione (ri)portando la psicologia nei contesti sociali e culturali della vita quotidiana, nelle scuole, nella comunità.

Animato dall'idea di dover studiare, comprendere e intervenire con proposte per soluzioni e cambiamenti nei processi delle convivenze, nella didattica, nei “rapporti diseguali” ha sempre preferenzialmente adottato metodi di ricerca qualitativi con l’intento di raggiungere la persona e i suoi ruoli - l’essere studente, genitore, cittadino - nei contesti dove tali processi hanno luogo.

Numerosi sono i contributi che Piero lascia ai suoi colleghi ricercatori, di spessore e livello, pubblicati a livello nazionale e internazionale grazie anche a qualificati contatti che vedono nella figura di Jerome Bruner una fra quelle certamente di richiamo e influenza maggiore; nei rapporti con i colleghi psicologi Piero credeva fermamente nel lavoro in Rete e questo ha contribuito anche a una sempre maggiore visibilità esterna della psicologia sociale dell’Università di Pisa. Parimenti, Piero non si è certamente distratto su quelli che amava definire i suoi interlocutori “non addetti ai lavori”, per cui il tradurre nel linguaggio quotidiano costrutti anche particolarmente complessi della psicologia sociale diventava la sfida delle parole, in una ricombinatoria per certi versi sorprendente nel contaminarsi con la preferenza accordata nelle sue ricerche al metodo narrativo e biografico.
Piero continuerà a esser produttivo nei lavori dei suoi molti allievi consapevoli della sfida di interpretare la psicologia sociale e le scienze sociali per la comunità come nelle sue prospettazioni. Piero ci ha quindi lasciati come ricercatore ma non certo con “pagine bianche” se non nelle righe intenzionalmente a disposizione dei suoi amici e colleghi e dei suoi molti apprendisti collocati, anche come professionisti, in quei molti contesti che Piero amava e frequentava come ricercatore sociale nella consapevolezza che una delle versioni migliori con cui guardare e interpretare questo ruolo fosse quello legato all’azione collettiva. Il passaggio di mano della sua penna consentirà dunque a mantenerlo vitale nei nostri ricordi ma soprattutto nelle parole che verranno dette e scritte come ricercatori, studiosi e professionisti del sociale.

Antonio Aiello

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