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Dalla fisica quantistica tecnologie per capire l’Universo

Lo studio di Leonardo Lucchesi e Marilù Chiofalo pubblicato sulla “Physical Review Letters” della American Physical Society

Nell’immaginario collettivo è l’idea che tecnologie sviluppate dalla fisica della materia nella sua forma condensata, siano associate a dispositivi miniaturizzati, concepiti per facilitare la nostra vita quotidiana, come quelli usati per scrivere e forse leggere questo pezzo, una versione evoluta degli utensili inventati nell’età del ferro. Ma è possibile che tecnologie quantistiche possano contribuire a rispondere anche a domande fondamentali sull’Universo?

A rafforzare una risposta positiva a questa inattesa domanda, è uno studio teorico finalizzato alla messa a punto di una nuova classe di dispositivi per misure di precisione estremamente sofisticate, interferometri atomici che usano stati quantistici della materia come strumenti per verifiche della relatività generale e dunque di larga parte della nostra attuale comprensione del funzionamento dell’Universo. Di questo studio sono autori Marilù Chiofalo, professoressa di Fisica della materia all’Università di Pisa, e Leonardo Lucchesi, che ne ha fatto l’oggetto della sua tesi di laurea magistrale con la supervisione della stessa Chiofalo, e oggi dottorando dell’Università di Pisa. Lo studio è stato pubblicato il 9 agosto scorso sulla rivista “Physical Review Letters” della American Physical Society con il titolo “Many-Body Entanglement in Short-Range Interacting Fermi Gases for Metrology”.

 

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Al centro della ricerca “made in Pisa” sono i fermioni, le particelle quantistiche così chiamate in onore di Enrico Fermi. Come tutte le particelle quantistiche, a ogni fermione è associata un’onda di probabilità di essere in un certo spazio ad un dato tempo, e due di loro possono essere preparati in modo da continuare a condividere determinate caratteristiche anche se allontanati a grande distanza, come se le loro onde di probabilità fossero irrimediabilmente aggrovigliate tra loro, una proprietà che viene chiamata entanglement: è come se, lanciando due dadi, l’uscita di un numero sul primo dado garantisca l’uscita dello stesso numero sull’altro.

Nello studio, questo concetto è esteso ad un insieme di moltissimi atomi di natura fermionica: “Usando la duplice natura delle correlazioni tra atomi - spiega Marilù Chiofalo- legata alle caratteristiche quantistiche e alle forze con cui interagiscono tra loro, è come se le onde di probabilità dei molti atomi entangled formassero un ciuffo di capelli non pettinato per anni. Paradossalmente, mentre l’entanglement potenzia le caratteristiche quantistiche e dunque probabilistiche dello stato (tanto che non sappiamo come sia fatto), sappiamo però che ne riduce l’incertezza al livello utile per un interferometro atomico: la misteriosa bellezza della fisica quantistica!».

Il lavoro di Lucchesi e Chiofalo si inserisce nell’ambito della fiorente attività di ricerca mirata a migliorare le prestazioni di dispositivi quantistici di misura, attirando vivo interesse in una comunità dove si incrociano tante fisiche: informatica quantistica, interazioni fondamentali, cosmologia, fisica della materia: «In questo scenario, il nostro studio trasmette due messaggi cruciali – aggiunge Leonardo Lucchesi – A differenza di studi precedenti, dimostriamo che il far interagire gli atomi anche a cortissima distanza, riesce a potenziare le proprietà di entanglement: lo stato con migliori prestazioni si è infatti dimostrato un grappolo “molto aggrovigliato” di atomi, nella forma di gocce quantistiche. Inoltre, stabiliamo un metodo non convenzionale per caratterizzare le fasi quantistiche di un sistema di molti atomi, basato proprio sull’informazione relativa al loro contenuto di entanglement, di fatto estendendo il concetto di informazione quantistica di Fisher, - nato nell’informatica quantistica - alla descrizione di come gli atomi si ordinano a costituire la materia, un concetto al cuore della fisica della materia nella sua forma condensata».

«La storia continua – aggiunge Chiofalo. È necessario concepire un protocollo operativo per l’interferometro e controllare la fragilità dello stato mentre interagisce inevitabilmente con l’ambiente esterno, aspetti che stiamo indagando in una collaborazione internazionale. Il nostro studio, nell’ambito della ricerca MAGIA-Advanced finanziata dall’INFN, è nel solco della proposta Atomic Experiment for Dark Matter and Gravity Exploration in Space (AEDGE), alla quale abbiamo contribuito con decine di colleghi e colleghe, e appena sottomessa all’Agenzia Spaziale Europea in risposta alla Call for White Papers per il piano Voyage 2050. L’idea di AEDGE è concepire esperimenti di interferometria atomica, complementari a VIRGO-LIGO o esperimenti di alte energie, per indagare problemi aperti di cosmologia e interazioni fondamentali: per rilevare materia oscura, onde gravitazionali, o ancora per verificare se particelle con masse differenti cadano in gravità con la stessa accelerazione, un test realizzato ingegnosamente per primo da Galileo con il pendolo, e che oggi mira a precisioni da mille a un milione di volte superiori.»


Queste nuove frontiere della ricerca saranno al centro della prossima Conferenza internazionaleQuantum gases, fundamental interactions, and cosmology” (QFC), che dal 23 al 25 ottobre radunerà a Pisa da tutto il mondo autorevoli scienziate e scienziati, che metteranno insieme in modo fecondo le loro energie provenendo da discipline diverse, per far nascere nuove idee.

La pubblicazione dell’articolo sulla prestigiosa rivista internazionale è un’ulteriore testimonianza dell’eccellenza delle ricerche portate avanti all’Università di Pisa, un Ateneo con oltre 50.000 iscritti dove studenti brillanti come Leonardo Lucchesi – 25 anni, originario di Viareggio – riescono a sviluppare le loro idee in tesi di laurea che poi diventano apripista per studi di frontiera.

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