Intervento di Giovanni Passalacqua

Rappresentante studenti

 

Signor Presidente, Autorità, Magnifico Rettore, Gentili ospiti,

vi porto i saluti a nome della comunità studentesca dell’Ateneo di Pisa.

L’inaugurazione di quest’anno accademico assume un estremo valore simbolico. Un anno in cui la componente studentesca prova a riavvicinarsi, a piccoli passi, agli spazi universitari, dopo un anno e mezzo di università a distanza, portando il peso di aver vissuto enormi e inaspettate difficoltà.

L’improvvisa transizione dalla didattica in presenza allo spazio virtuale ha infatti aumentato le disparità, compromettendo l’accesso all’istruzione a coloro che non abbiano a disposizione delle strumentazioni idonee. Il senso di profonda alienazione provato dietro ad uno schermo è quanto di più diverso dal vivere l’esperienza dell’università nella sua pienezza, un’esperienza che trascende la singola lezione, in una dimensione comunitaria e sociale. Tutto questo accompagnato da una completa marginalizzazione dell’Università e della sua componente studentesca all’interno del dibattito pubblico: quando, in questa pandemia, abbiamo sentito parlare di componente studentesca universitaria? E di ricerca pubblica?

È per questo, quindi, che mi chiedo, a nome della comunità studentesca, se l’Università, all’indomani della riapertura, sia veramente accessibile a chiunque.

Per renderla tale non è sufficiente adottare turnazioni e distanziamenti al fine di ovviare alla mancanza di aule, perché sono decenni che l’università non dispone di spazi adeguati: basti pensare a quando seguivamo le lezioni sedendoci a terra e ai tanti corsi in cui è stato istituito il numero chiuso per mancanza di strutture.

È necessario poi che la componente studentesca non sia sottoposta al ricatto: risparmiare o seguire? Guardando alla nostra Pisa, sono due anni che non viene rinnovata la convenzione trasporti urbani per la popolazione studentesca, ed è l’unica città universitaria i cui canoni di locazione durante la pandemia sono addirittura aumentati.

Analogamente, a livello nazionale, la contribuzione universitaria continua ad essere tra le più alte d’Europa e continua ad esistere la figura dell’idoneo non beneficiario, ossia chi pur avendone diritto, non riceve una borsa di studio e un posto alloggio per insufficienza di fondi. Gli stanziamenti straordinari operati durante il 2020 dal Governo non sono stati sufficienti, così come le misure contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non contengono soluzioni per le reali problematiche della componente studentesca.

Se veramente riconosciamo il valore fondamentale dell’università in presenza, come possiamo pensare che a seguito di una crisi economica dalla portata devastante le famiglie siano in grado di sostenere questi costi, già proibitivi prima della pandemia?

Tenendo conto che il numero di giovani laureati in Italia è tra gli ultimi d’Europa, oggi più che mai è necessario superare le logiche competitive, puntando ad un’università pubblica, gratuita, inclusiva e di massa, per riconoscere l’importanza fondamentale della cultura, che soltanto tramite la formazione accademica può essere diffusa all’intera società.

Diversamente, i nuovi problemi acuiranno le disparità, ed impediranno l’agognato progresso sociale.

Ci auspichiamo quindi che la pandemia rappresenti non un periodo difficile e buio da destinare all'oblio, ma che l’inizio di questo anno accademico sia un'occasione per invertire la rotta, rendendo così l'Università Pubblica Italiana più di un mezzo per acquisire un titolo da spendere eventualmente in un futuro sempre più precario, ma un luogo vissuto e reale di comunità e partecipazione, fucina di cultura e di ricerca. Di cui, oggi più che mai l’Italia ha bisogno.

Ultima modifica: Lun 18 Ott 2021 - 09:36

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