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Si è insediato mercoledì 19 dicembre, nella Sala consiliare del Comune di Calci, il tavolo tecnico per la rivitalizzazione del Monte Pisano a seguito dell'incendio dello scorso settembre. Insieme al sindaco di Calci, Massimiliano Ghimenti, e al prorettore dell'Università di Pisa, Michele Marroni, in rappresentanza del rettore Paolo Mancarella, erano presenti i sindaci dei comuni di Vicopisano, Juri Taglioli, e di Buti, Alessio Lari, e i rappresentanti della Regione Toscana, dell'Università di Firenze, della Scuola Superiore Sant'Anna, dell'Ente Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli e del Consorzio di Bonifica Basso Valdarno.

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Il tavolo tecnico ha l'obiettivo di riprogettare il futuro del Monte Pisano ferito dal devastante incendio tra il 24 e il 26 settembre. A breve termine si mira a coadiuvare sia i comuni che gli operatori agricoli nella fase di ripristino ambientale, fornendo il supporto scientifico ai necessari interventi sul territorio. In un'ottica di più lungo periodo si punta a individuare e coordinare competenze e conoscenze di diverso ambito per definire programmi volti al riassetto dell'ecosistema del Monte Pisano.

"Subito dopo l'incendio - ha detto il professor Marroni - il rettore Paolo Mancarella ha messo a disposizione tutte le risorse disponibili nell'Università di Pisa, rilanciando anche l'idea di promuovere un tavolo operativo formato da tecnici ed esperti. Oggi questa idea prende forma e inizia il suo cammino a supporto dei Comuni e delle comunità colpite".
"Voglio esprimere - ha detto il sindaco Ghimenti - la gratitudine mia personale, dell'amministrazione che rappresento e di tutta la nostra comunità all'Università di Pisa, che immediatamente ci ha messo a disposizione il proprio supporto, e a tutti i soggetti istituzionali che ci aiuteranno a 'ri-vitalizzare' il nostro (di tutti) Monte. Importante lavorare sia nell'ottica dell'aiuto immediato a supporto delle persone direttamente colpite, che a una programmazione di prospettiva che guardi al futuro lavorando per una maggior sicurezza insieme ad altre iniziative come quella sul sistema di videosorveglianza".

Per conto dell'Ateneo pisano nel tavolo tecnico saranno coinvolti i professori Carlo Baroni, docente del dipartimento di Scienze della terra, che insegna Geografia fisica e geomorfologia; Riccardo Gucci, docente del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali, che insegna Arboricoltura generale e coltivazioni arboree; Alessandro Massolo, docente di Zoologia al dipartimento di Biologia; Marcello Mele, che oltre a essere direttore di Centro di ricerche agro-ambientali "Enrico Avanzi" è docente di Zootecnia al dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali; Stefano Pagliara, docente del dipartimento di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni, che si occupa di Costruzioni idrauliche e marittime e idrologia.

lopalco coverPier Luigi Lopalco, professore di Igiene generale e applicata dell’Università di Pisa, ha vinto il Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 Giancarlo Dosi con il suo libro “Informati e vaccinati” (Carocci, 2018). La finale si è svolta il 13 dicembre al CNR di Roma e nel corso della serata è stato consegnato anche uno speciale riconoscimento alla virologa Ilaria Capua per il suo contributo fondamentale nella divulgazione scientifica in Italia.

Pier Luigi Lo palco si è classificato primo nella sezione “Scienza della vita e della salute” con il suo excursus storico sulla lotta fra l’Uomo e i microbi che evidenzia come nel corso del XX secolo, grazie alla vaccinazione, le condizioni igieniche sanitarie siano migliorate a livello globale e come invece, in alcune scuole di pensiero dovute a disinformazione, i vaccini siano guardati con sospetto.

A votare in sala era presente una giuria di 150 persone presieduta da Giorgio De Rita (Segretario Generale Censis).

Il Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica, giunto quest’anno alla sesta edizione, è organizzato dall’Associazione Italiana del Libro con il contributo di BPER Banca e dell’AIRI (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale). Hanno concesso il loro patrocinio per l’edizione 2018 il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e l’UNINETTUNO (International Telematic University).

 

mariotti 3Alessandro Mariotti, ricercatore in Fluidodinamica presso il dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell’Università di Pisa, ha vinto il premio “ANIV 2018” dell’Associazione Nazionale per l’Ingegneria del Vento per uno studio pubblicato sul Journal of Fluid Mechanics della Cambridge University Press, una delle riviste più prestigiose al mondo nel campo della meccanica dei fluidi.

Lo studio, dal titolo “Separation control and drag reduction for boat-tailed axisymmetric bodies through contoured transverse grooves”, riguarda l’ideazione, la realizzazione e la validazione sperimentale e numerica di un metodo passivo di riduzione della resistenza di corpi con boat-tail, ottenuta attraverso il ritardo della separazione del flusso ed è stato svolto insieme alla professoressa Maria Vittoria Salvetti, al professor Guido Buresti e al tesista Gabriele Gaggini. Il principale campo applicativo della ricerca è la riduzione della resistenza di veicoli terresti e di conseguenza della riduzione del loro consumo.

mariotti1Il premio è assegnato con scadenza biennale e vi possono partecipare ricercatori con meno di 35 anni. Alessandro Mariotti ha ricevuto il premio dal professor Alberto Zasso del dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano e presidente dell’ANIV in occasione del XV Convegno Italiano di Ingegneria del Vento IN-VENTO-2018 (nella foto a sinistra il momento della consegna del premio).

Alessandro Mariotti, 33 anni e residente a Pontedera, si è laureato nel 2010 in Ingegneria aerospaziale a Pisa. Dopo un percorso di formazione nell’Ateneo pisano con conseguimento del titolo di dottore di ricerca nel 2014 presso la Scuola “Leonardo da Vinci” è inquadrato nel ruolo di ricercatore junior dal 2018. Afferisce al dipartimento di Ingegneria civile e industriale dove svolge ricerca nel campo dello studio di flussi complessi con prove sperimentali in galleria del vento e studi di fluidodinamica computazionale, e didattica nell’insegnamento di Aerodinamica sperimentale nel corso di laurea magistrale in Ingegneria aerospaziale.

Il Centro ISME lancia il sito Mare Futuro, un luogo per gli appassionati delle scienze del mare. Fondato nel 1999, ISME è una rete di nove università italiane (Pisa, Genova, Firenze, Roma La Sapienza, Marche, Cassino, Salento, Bologna, Calabria), e si occupa dello studio di tutte le tecnologie che riguardano il “pianeta acqua”.

“Si tratta di un campo di ricerca che si sta rivelando sempre più centrale – afferma Andrea Caiti, nodo ISME dell’Università di Pisa – per fare fronte a problemi come il cambiamento climatico o la produzione energetica. Il mare ha grandi risorse, il cui impiego diventerà sempre più essenziale, ma anche ineludibili esigenze di sostenibilità ambientale. È uno scrigno di conoscenze che l’umanità potrà utilizzare, se supportata da una tecnologia rispettosa dell’ambiente subacqueo e dei suoi abitanti”.

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Proprio con l’intento di valorizzare queste risorse e la tecnologia sviluppata da ISME è nato il sito Mare Futuro che raccoglie i risultati di ricerca più recenti degli studiosi del Centro, come i robot subacquei autonomi per l'esplorazione dei fondali a fini ambientali o archeologici, come FeelHippo, l'ippopotamo marino, i veicoli che sono in grado di lavorare in squadra per interventi di manutenzione e ispezione su impianti off-shore, o per la ricerca di gas o petrolio, e ancora le ricerche rivolte all’ambente, come SeaSpoon, per sfruttare il moto ondoso per la produzione di energia pulita, o le tecnologie per il turismo sotto il mare.

“Marefuturo non sarà solo questo - conclude Caiti – Sarà anche il luogo dove i ricercatori ISME potranno parlare di tutto quello che riguarda il mare e le sue tecnologie. Storie di ricerca, ma anche problemi che riguardano tutti, dal riscaldamento dei mari alle interferenze dei suoni prodotti dall’uomo nel mare con il canto delle balene. Mare Futuro racconterà, passo dopo passo, innovazione dopo innovazione, il futuro che viene dal pianeta acqua”. MareFuturo si pone come un punto di riferimento, con gli esperti di ISME, per commentare scoperte, tecnologie e fatti relativi agli ambienti acquatici, mari, laghi e fiumi.

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ISME è un centro che riunisce i ricercatori e le ricercatrici di nove Università: Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione; Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Dipartimento di Ingegneria elettrica e dell'informazione; Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi; Università del Salento, Dipartimento di Ingegneria dell'Innovazione; Università di Pisa, Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione e Centro di Ricerca “E.Piaggio”; Università degli Studi Firenze, Dipartimento di Ingegneria Industriale; Università della Calabria, Dipartimento di Ingegneria Informatica, Modellistica, Elettronica e Sistemistica; Università di Bologna, Dipartimento di Ingegneria dell'Energia Elettrica e dell'Informazione; Università di Roma, Dipartimento di Informatica.

Dalle ricerche condotte all’Università di Pisa nasce la “superfrutta”, un alimento ricco di antiossidanti e di composti benefici per la nostra salute. Nei laboratori del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali la professoressa Annamaria Ranieri e il suo gruppo studiano da anni gli effetti benefici delle radiazioni ultraviolette sulla frutta allo scopo di mettere a punto prodotti salutari dall’elevato valore nutraceutico. L’ultimo progetto in questo ambito ha riguardato le pesche ed è stato condotto in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, l’University of Natural Resources and Life Sciences di Vienna e il Leibniz Institute of Vegetable and Ornamental Crops tedesco con articoli pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche internazionali.

“È noto da tempo come nella frutta il contenuto di composti benefici quali fibre, sali minerali, vitamine e sostanze antiossidanti dipenda da diversi fattori, tra cui la qualità e la quantità di luce che ricevono – spiega Annamaria Ranieri - in particolare, la componente B della radiazione ultravioletta (UV-B) riveste un ruolo fondamentale, dunque la nostra idea è stata di impiegarla sui frutti già raccolti riprogrammando così la loro capacità di produrre molecole nutraceutiche”.

 

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Le pesche nelle celle a raggi UV-B dell’Università di Pisa


A livello pratico, il procedimento prevede che la frutta venga posta in celle climatiche dove è esposta ai raggi UV-B; successivamente, attraverso una serie di analisi, i ricercatori controllano i cambiamenti nei livelli dei metaboliti nutrienti caratteristici del frutto in esame. Gli studi molecolari hanno infatti evidenziato come i raggi UV-B, attraverso complessi meccanismi intracellulari, inducano l’attivazione di specifici geni coinvolti nella sintesi di diverse classi di composti fenolici.

“Nel caso delle pesche, ad esempio, il trattamento UV-B sui frutti post-raccolta ha influito sull’intero profilo fenolico - racconta il dottor Marco Santin che ha svolto il suo dottorato all’Università di Pisa proprio su questo tema - dopo 36 ore dall’esposizione abbiamo notato un notevole accumulo di antocianine, idroflavonoli e flavoni, che tra tutti i polifenoli sono quelli che manifestano le maggiori capacità antiossidanti”.

“Si tratta di un approccio eco-compatibile – conclude la professoressa Antonella Castagna che fa parte del gruppo di ricerca – e la possibilità di ottenere i “superfrutti” è possibile non solo in laboratorio, ma anche in serra a livello di produzione su larga scala”.

 

GemmaLa dottoranda Gemma Carolina Bettelani, 26 anni, di Sarzana, è tra i quattro vincitori del programma internazionale “Innovation in Haptics Research”, che prevede un finanziamento a studenti di dottorato che propongono progetti innovativi nel campo dell’aptica, la scienza che studia il senso del tatto. Il progetto selezionato tra i vincitori si chiama READABLE (Reliable ElectromAgnetic DynAmic BrailLE), e prevede la realizzazione di un dispositivo Braille dinamico e portatile per permettere la lettura ai non vedenti. Dottoranda al dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, Gemma Carolina Bettelani svolge il suo lavoro al Centro di Ricerca dell’Università di Pisa “E. Piaggio”, che da anni vanta un gruppo di ricerca all’avanguardia sullo studio e la riproduzione del senso del tatto in dispositivi artificiali e nella realtà virtuale.

“Nel mondo ci sono 285 milioni di persone ipovedenti, di cui 39 milioni non vedenti – afferma Gemma Bettelani – La qualità della loro vita dipende anche dall’avere accesso a contenuti testuali e grafici usando altri sensi, per esempio l’udito e il tatto. I dispositivi Braille meccanici fino ad ora prodotti spesso non hanno più di una riga, a causa degli alti costi di produzione. Sono dispositivi in grado di cambiare dinamicamente le lettere, ma non riescono a convogliare molta informazione per volta. Il mio progetto ambisce a superare queste limitazioni, creando una tavoletta a più righe, semplice e low cost, in cui i caratteri braille vengono attuati da un magnete che li fa andare su e giù ricevendo corrente. In questo modo è possibile cambiare le lettere braille in modo dinamico, e potenzialmente leggere su una sola tavoletta interi libri”.

Il dispositivo READABLE, attualmente allo stato di progetto, sarà stampato con stampante 3D, in modo da abbattere ulteriormente i costi e rendere possibile alle persone non vedenti o ipovedenti una modalità di accesso ai testi diversa da quella puramente uditiva, ad ora la più accessibile ed economica, a causa della complessità e dei costi dei dispositivi braille.

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Il pin di READABLE.

“È stato dimostrato – continua Gemma Bettelani – che una modalità attiva di accesso al testo, basata sull’esplorazione tattile anziché sull’ascolto passivo, permette una migliore comprensione dell’informazione. Il dispositivo può anche essere usato in diversi esperimenti, per capire come anche le persone vedenti usano il senso del tatto e quali informazioni riescono a percepire con le mani rispetto ai non vedenti. Un campo di ricerca fondamentale per progettare per esempio dispositivi per agire nella realtà virtuale, ad esempio nella chirurgia a distanza o nell’intrattenimento”.

Il programma “Innovation in haptics research” è finanziato dal Technical Committee on Haptics della Robotics and Automation Society, e prevede il conferimento di un budget fino a 10.000 dollari a studenti di dottorato e post doc, per sviluppare progetti innovativi legati allo sviluppo di interfacce aptiche uomo-macchina, algoritmi di controllo per la riproduzione di sensazioni tattili in realtà virtuale, studio del tatto umano.

Primo test ufficiale per Kerub H, la monoposto progettata dall’E-Team Squadra Corse dell’Università di Pisa che lo scorso 6 dicembre ha avuto l’opportunità di provare la macchina in Piazza del Mercato a Pontedera. Kerub H è il nome dell’ultimo prototipo realizzato dall’E-Team per la stagione 2017-18 e che ha partecipato alla Formula SAE Italy a Varano de’ Melegari e alla Formula Student Germany a Hockenheim, ottenendo ottimi risultati in entrambe le occasioni.

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«Prima di affrontare una gara importante è necessario verificare che tutto funzioni correttamente – spiegano i ragazzi dell’E-Team – È quindi di fondamentale importanza per la squadra poter disporre di un luogo in cui far girare la macchina e avere la possibilità di svolgere tutte le prove tecniche opportune. Per questo ringraziamo il sindaco di Pontedera Simone Millozzi, tutta l’amministrazione comunale e la Polizia Locale per il coordinamento delle operazioni».

La squadra progetta e realizza ogni anno una monoposto per partecipare a competizioni di Formula SAE e Formula Student in Italia e in Europa. Il progetto universitario nasce nel 2007 e conta oggi più di 80 membri provenienti da oltre 15 diverse facoltà. Nei suoi oltre dieci anni di vita, l’E-Team si è sempre dimostrata una delle squadre più forti in Italia, diventando motivo di vanto per l’Università grazie ai numerosi successi conseguiti. Ha mostrato inoltre competitività a livello europeo con la partecipazione a gare continentali in Germania, Ungheria e Repubblica Ceca.

È strutturata in maniera simile ad un’azienda, con una dirigenza settori gestionali e settori tecnici. La Formula SAE, infatti, non è una semplice gara, ma un’iniziativa che ha lo scopo di valutare il miglior prototipo da competizione sotto ogni aspetto: sportivo, commerciale, tecnologico ed ecosostenibile. Per tali motivi, le prove da superare sono tante e tutte diverse tra loro. Di qui la consapevolezza che tutte le competenze a disposizione sono necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo finale.

Chiara MontomoliArrivo previsto in Antartide il 10 dicembre dopo tre giorni di un lungo viaggio non-stop per la professoressa Chiara Montomoli (foto a destra) del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa.

Chiara Montomoli, in partenza il 7 dicembre, sarà impegnata nella XXXIV Campagna Antartica del Programma Nazionale delle Ricerche finanziata dal MIUR con l’obiettivo di completare le ricerche geologiche in corso sulle Montagne Transantartiche. In particolare, la professoressa si occuperà del rilevamento geologico strutturale di un’area situata nel Convoy Range, oltre 100 miglia a sud della base italiana Mario Zucchelli.

L’attività di ricerca, svolta anche nell’ambito di collaborazioni nazionali e internazionali, consentirà di colmare una lacuna nella cartografia geologica di questo settore del Mare di Ross, di comprendere attraverso quali processi geologici l'Antartide abbia acquisito la sua attuale configurazione e di ricostruirne la storia nelle varie ere geologiche di questo continente.

Con la nuova missione riparte anche l’attività della pagina Facebook con il diario delle spedizioni in Antartide dei ricercatori dell'Università di Pisa.

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Assemblare mattoncini biologici provenienti da organismi diversi per generare nuovi meccanismi molecolari può sembrare fantascienza ma, grazie allo sviluppo della biologia sintetica, l’obiettivo è sempre più vicino: in questo ambito si colloca la realizzazione di un nuovo sensore biologico di sintesi, ingegnerizzato per percepire e per rispondere a variazioni nei livelli di ossigeno nelle cellule e nei tessuti vegetali. Il risultato di questa ricerca è stato pubblicato sulla rivista internazionale “Plant Physiology” ed è stato ottenuto grazie alla collaborazione fra Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Pisa, Scuola Normale Superiore. Si apre adesso la strada verso nuove strategie per fronteggiare i cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle colture, che possono andare distrutte da piogge particolarmente abbondanti, le quali finiscono per sommergerle.

“Si tratta di una combinazione di elementi originari del mondo animale, vegetale e fungino – spiega Sergio Iacopino, dottorando dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e primo autore dell’articolo scientifico – assemblati in maniera opportuna per segnalare la presenza di ossigeno attraverso la produzione di bioluminescenza, fenomeno caratteristico delle lucciole o degli organismi marini. In questo modo potremo monitorare i livelli di ossigeno nei tessuti delle piante con elevata precisione e sensibilità”.

image copy copy copy copy copy copy copy copy copy copy copy copy copy copy copy copy“In laboratorio, questo prototipo è già stato superato – sottolinea Benedetta Mennucci, professore ordinario del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Università di Pisa – e ora le nuove frontiere applicative per questi ‘lego biologici’ sembrano essere la possibilità di guidare specifici processi di crescita e di sviluppo delle piante in risposta agli stress per variazioni in gradienti di ossigeno. Questo successo apre le porte all’’utilizzazione del sensore molecolare per testare in laboratorio strategie di resistenza alla sommersione, ovvero alla mancanza di ossigeno. Tale condizione di stress per le piante – aggiunge Beatrice Giuntoli, ricercatrice del dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa – ne mette sempre più spesso a repentaglio la sopravvivenza, facendo dell’indisponibilità dell’ossigeno un grave fattore limitante con il quale gli organismi vegetali dovranno sapersi confrontare, in conseguenza dei cambiamenti climatici in atto”.

“Il lavoro – conclude Francesco Cardarelli, professore associato di Fisica applicata della Scuola Normale Superiore – è frutto della collaborazione ormai stabilita da alcuni anni fra i nostri atenei, dove le competenze di ciascuna unità sono confluite nella realizzazione di questo sensore sintetico. Il progetto ha beneficiato della condivisione di laboratori e strumentazione presso il laboratorio Nest della Scuola Normale Superiore. Ci auguriamo di poter continuare in questa direzione con altrettanto successo”.

Uno studio dell’Università di Pisa ha dimostrato che la plasticità del cervello degli adulti è maggiore di quanto sinora ritenuto e che la suscettibilità al cambiamento riguarda aree sinora ritenute “stabili” come quella visiva primaria. La scoperta apre la strada a una nuova comprensione di cosa succede al nostro cervello dopo una lesione e, potenzialmente, ad un nuovo approccio terapeutico per la sindrome dell’occhio pigro efficace anche negli adulti.

La ricerca, pubblicata sulla rivista eLife, è stata condotta da Paola Binda, Jan W. Kurzawski, Claudia Lunghi e Maria Concetta Morrone per il Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa e da Laura Biagi e Michela Tosetti per l’IRCCS Fondazione Stella Maris e per il centro di ricerca Imago7.

“Il cervello cambia ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, ma non tutto il cervello è plasmabile dall’esperienza - spiega Paola Binda - Mentre nei bambini c’è una riserva di plasticità in ampie regioni del cervello, negli adulti la maggioranza delle regioni cerebrali sembra essere immune al cambiamento; fra queste, si è pensato finora che le aree visive del cervello fossero particolarmente stabili. Il nostro studio ha dimostrato che anche la corteccia visiva di individui adulti può andare incontro a cambiamenti notevoli anche in tempi brevissimi”.

 

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Ricostruzione tridimensionale di un emisfero cerebrale di un individuo adulto, in cui si evidenzia la posizione delle aree deputate alla visione



Per dimostrarlo, i ricercatori hanno sfruttato le più avanzate tecniche di neuroimmagine in combinazione con una manipolazione dell’esperienza visiva. Per questo hanno chiesto ad alcuni volontari di bendarsi un occhio per due ore, quindi usando la risonanza magnetica funzionale a campo ultra-alto, hanno misurato la rappresentazione di ciascun occhio, prima e dopo questo breve periodo di esperienza visiva anomala. Quello che hanno osservato è un cambiamento rilevante dell’attività nel cervello visivo, che ha amplificato la rappresentazione dell’occhio bendato per qualche minuto dopo la sua riapertura.

“L’applicazione di una benda monoculare è ad oggi il principale approccio terapeutico per la cura dell’ambliopia, o sindrome dell’occhio pigro: un deficit visivo che dipende dalla ridotta rappresentazione di uno dei due occhi al livello del cervello visivo – conclude Maria Concetta Morrone - Questa terapia è generalmente considerata possibile solo nei bambini, mentre sembra inefficace nell’adulto, ma i risultati ottenuti aprono nuove prospettive per la comprensione e la cura di questa condizione, e più in generale per lo sviluppo di nuove strategie che sfruttino il potenziale di plasticità del cervello adulto per la cura e la riabilitazione delle malattie del sistema nervoso centrale”.

 

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