Il sistema dei crediti italiano e quello europeo
Il sistema di crediti previsto dalla riforma universitaria è basato sul sistema ECTS. Il decreto di attuazione dei nuovi gradi accademici in Italia fa esplicito riferimento al sistema europeo, e la progettazione dei nuovi corsi di studio si fonda sui "crediti formativi universitari" o CFU, che corrispondono in modo esatto ai crediti ECTS. Secondo i decreti ministeriali, 60 CFU rappresentano un anno di lavoro di uno studente tipo, proprio come i crediti ECTS.
Negli ultimi anni si sono compiuti nuovi passi verso l’applicazione di un unico sistema dei crediti in tutti i paesi europei. Con la Dichiarazione di Bologna, nella quale i ministri di 29 paesi si sono impegnati a rendere compatibili i sistemi di istruzione superiore in Europa, i crediti sono diventati uno dei principali strumenti per la riorganizzazione dei sistemi nazionali. L’"European Credit System" sta diventando la base comune per misurare il lavoro necessario per ottenere i gradi accademici di primo o di secondo ciclo all’interno di ciascun paese o di ciascuna università, anche per chi non intende compiere una parte dei propri studi all’estero. Quando l’estensione del sistema dei crediti sarà completa, i vari sistemi universitari europei saranno immediatamente compatibili. Anche per l’Italia la compatibilità con il sistema europeo sarà immediata.
Alcuni paesi utilizzano già da tempo sistemi di crediti simili o identici all’ECTS. Nel caso italiano, invece, i crediti vengono impiegati non per descrivere un sistema esistente, ma per organizzarne uno nuovo. Sono diventati quindi uno strumento di progettazione. Per chiarezza, la normativa italiana quantifica le ore di lavoro corrispondenti ad un credito in termini assoluti, e non solo in termini relativi: ogni CFU corrisponde a 25 ore di lavoro dello studente.
I crediti vengono "accumulati": lo studente, quando avrà ottenuto i crediti richiesti dal suo corso di studio, conseguirà il grado accademico relativo. Per "accumulo" non si intende che i crediti possano essere ottenuti con la semplice presenza alle lezioni, ai seminari o ad altre attività di apprendimento. Il credito è sempre espressione di una quantità di lavoro, e si ottiene solo quando la qualità del lavoro compiuto è stata accertata mediante un esame o una prova. Il numero di crediti, quindi, va corredato con altre indicazioni: il voto, il livello e i contenuti.
La vera sfida è di utilizzare a pieno le potenzialità offerte dal sistema dei crediti per riformare in modo profondo, positivo ed efficace il nostro sistema universitario. Per fare ciò, bisogna anzitutto accettare il rovesciamento di prospettiva che i crediti portano con sé. I crediti ECTS o CFU — come abbiamo visto – sono basati sulla quantità di lavoro che uno studente può ragionevolmente compiere in un anno. La definizione delle classi delle lauree è basato su 180 crediti (tre anni di lavoro), quella della lauree specialistiche su 300 crediti (5 anni di lavoro). Progettare i nuovi corsi a partire dallo studente, e quindi da ciò che è effettivamente possibile fare in un dato periodo di tempo, vuol dire ripensare la didattica dalle fondamenta. Vuol dire compiere delle scelte.
Gli organizzatori dei nuovi corsi di studio sono chiamati a definire ex novo, in termini di obiettivi e di competenze, i risultati che desiderano ottenere nel corso dei tre o dei cinque anni. Le nostre strategie di docenti dovranno essere affinate; non sarà possibile semplicemente travasare i programmi attuali in nuovi contenitori. Partire dallo studente e dal suo impegno piuttosto che dalle ore di lezione cattedratica ci obbliga infatti a disegnare nuovi percorsi, a definire metodi e contenuti innovativi.