Discorso del Rettore per la Cerimonia di conferimento dell'Ordine del Cherubino e nomine a Professore Emerito
Aula Magna Nuova della Sapienza, giovedì 12 aprile 2012

Autorità, colleghi, studenti, signore e signori,

ci ritroviamo oggi a festeggiare, con il conferimento dell’Ordine del Cherubino, nove illustri docenti dell’Università di Pisa, che si sono distinti per i particolari meriti scientifici e per il rilevante apporto dato alla vita della nostra Istituzione. Festeggiamo inoltre, con la nomina a Professore Emerito, altrettanti docenti di chiara fama che, con la loro opera, hanno contribuito ad accrescere il prestigio e la reputazione scientifica della nostra Istituzione.

Il riconoscimento dell’Ordine del Cherubino ha radici antiche, che risalgono al 1843, quando fu approvato il Regolamento che istituiva una nuova Decorazione Accademica, rappresentata dalla “testa di un Cherubino in oro posta su un fondo di smalto celeste”. La sua origine va dunque inquadrata in epoca risorgimentale e nel clima successivo alla riforma Giorgini, quando l’Università di Pisa divenne un centro di avanguardia aperto alla circolazione delle nuove idee liberali.

Molto tempo è trascorso da quegli anni e la situazione di contesto è profondamente mutata, ma il Cherubino è rimasto, oltre che emblema del nostro Ateneo, simbolo di eccellenza sia per quanto riguarda la qualità degli studi sia per l’apertura culturale e politica; e ha visto accrescere il suo prestigio nel tempo, rappresentando da allora l’unico riconoscimento che l’Ateneo pisano concede ai suoi docenti.

Quello di oggi, pertanto, non deve essere considerato solamente un appuntamento ricco di storia e di tradizione: esso è piuttosto la rappresentazione di una realtà di eccellenza che è propria del nostro Ateneo.

In questo contesto - abbinando  alla cerimonia di conferimento dell’Ordine del Cherubino la nomina dei nuovi Professori Emeriti della nostra Università - abbiamo per la prima volta voluto dare rilievo pubblico a una figura, quella appunto del Professore Emerito, che finora rimaneva relegata in una dimensione sostanzialmente privata.

Il filo ideale che ci lega all’Ateneo del periodo risorgimentale non si è mai interrotto e, anzi, si è consolidato attraverso i vari cambiamenti che il sistema universitario nel suo complesso ha vissuto e che la nostra Università ha saputo interpretare come occasione di crescita e di miglioramento.

Anche adesso stiamo vivendo una stagione di “cambiamento epocale”: il nuovo Statuto, la ridefinizione dei modelli di governance, la scomparsa delle facoltà e la creazione delle nuove strutture dipartimentali, la riorganizzazione del personale e degli spazi, sono fattori che incideranno in maniera decisiva sulla realtà dell’Ateneo. La nostra comunità dovrà “sentire” tale trasformazione come opportunità di ulteriore crescita e di valorizzazione e ciò sarà possibile nella misura in cui il cambiamento sarà attuato con indirizzi chiari e modalità partecipate e condivise.

È con questo obiettivo che ci siamo mossi nell’ultimo periodo e continueremo a muoverci nel futuro, adeguandoci ai nuovi dettati legislativi e cercando di cogliere tutte le occasioni che si presentano in vista di un rinnovamento che non sia solo di facciata e di un aggiornamento che risponda alle mutate esigenze della società contemporanea, con particolare riferimento ai percorsi dell’internazionalizzazione da un lato e della innovazione e del trasferimento tecnologico dall’altro.

Il cambiamento sta coinvolgendo, ancorché in modo meno evidente -  visti i progressivi aggiustamenti intercorsi nel tempo - anche gli aspetti legati alla didattica. La diminuzione della percentuale di giovani che si iscrivono annualmente all’università pone in effetti gli atenei di fronte alla sfida di attrarre studenti qualitativamente più preparati e non solo quantitativamente più numerosi, nella logica di un mercato che vedrà accentuare la competizione anche a livello internazionale.

Pur in presenza di un processo di razionalizzazione, se non proprio di riduzione, del numero di corsi di studio, gli atenei stanno riformulando la propria offerta formativa con una rinnovata attenzione alla didattica, cercando il giusto equilibrio tra sostenibilità dei corsi, aspettative di chi si avvia agli studi universitari e spendibilità da parte di chi, terminato il suo percorso formativo, si affaccia al mondo del lavoro. Per questo, è assolutamente centrale il tema dell’accreditamento dei corsi di studio, uno dei terreni su cui sta lavorando l’ANVUR, e che si deve necessariamente affiancare all’altro – di valutazione della ricerca universitaria – il cui percorso sta procedendo tra luci e qualche ombra.

Certamente l’ANVUR si è posta un obiettivo ambizioso, che potrebbe portare a un sistema di valutazione rigoroso e oggettivo, e dunque finalmente autorevole. Permangono tuttavia seri dubbi legati all’individuazione e all’utilizzazione di criteri valutativi omogenei e che tengano nella dovuta considerazione le peculiarità di ogni singolo settore disciplinare, a cominciare dalla distinzione tra ambiti scientifici e umanistici. Il rischio è che un giudizio non perfettamente calato sulle diverse realtà possa risultare penalizzante soprattutto per gli atenei generalisti, dotati di un’offerta disciplinare ampia e variegata. Non dimentichiamo, infatti, che sulla base dei risultati della valutazione sarà effettuato l’accreditamento dei corsi di studio e di dottorato e, aspetto non meno importante, saranno distribuite ai vari atenei risorse aggiuntive sul fondo di finanziamento.

C’è purtroppo da registrare il fatto che, sotto molti aspetti, il nostro Paese sembra essere ingabbiato in una lunga fase di transizione di cui non si intravede la fine e di cui nemmeno si percepiscono gli sbocchi. E questa situazione di incertezza non favorisce certo la definizione di una politica universitaria coerente, e di ampio respiro. Dal nuovo Governo sono giunti timidi segnali di maggior comprensione e attenzione verso alcune delle principali problematiche del mondo universitario, che naturalmente non vanno lasciati cadere e che anzi vanno incoraggiati con forza. Su altre questioni - penso soprattutto ai dottorati e agli altri canali di formazione dei giovani e del loro reclutamento nel sistema della ricerca, o alla lentezza con cui si sta procedendo con la definizione dei Decreti attuativi della riforma - occorrerà chiedere maggior coraggio nel segnare un’inversione di tendenza rispetto al recente passato.

Ciò che, soprattutto, sembra ancora mancare è la scelta strategica di investire sull’università come risorsa fondamentale nella costruzione del nostro domani, potendo rappresentare da un lato un fattore decisivo di sviluppo economico e dall’altro una risposta concreta alle giuste istanze che provengono dalle giovani generazioni.

Questa situazione non deve, tuttavia, tradursi in una sorta di rassegnato “alibi” per non impegnarsi a fondo, ma deve anzi essere uno stimolo per un’iniziativa corale che sfrutti al meglio il cambiamento. Ci conforta il fatto che la nostra azione, sin dall’inizio mirata a dare nuovo impulso al senso di appartenenza alla comunità scientifica pisana, attraverso il richiamo e la concreta attuazione dei principi di trasparenza, condivisione e collegialità delle scelte, stia già dando risultati significativi. A questo riguardo posso citare, tra gli altri esempi, la straordinaria partecipazione al questionario on line collegato al progetto del primo Bilancio Sociale dell’Università di Pisa, che ha fatto registrare percentuali di adesione impensabili e che, a nostra conoscenza, non ha uguali in analoghe esperienze di altri atenei.

In un periodo di crisi, in cui i legami all’interno delle comunità accademiche tendono piuttosto ad affievolirsi e a sfilacciarsi, avere riscontri di questo tipo risulta ancora più significativo e decisamente incoraggiante per il prosieguo dell’attività.

L’immagine “percepita” del nostro Ateneo è decisamente elevata: i primissimi dati dell’indagine appena ricordata evidenziano con chiarezza che l’Università di Pisa è sinonimo di prestigio, di alta qualità degli studi e della ricerca; e questo risultato è stato reso possibile dalla presenza di docenti e ricercatori altamente qualificati, oltre che di personale tecnico, amministrativo e bibliotecario che svolge il proprio lavoro con professionalità e passione.

Sono queste le basi che ci permettono di guardare al futuro con giustificato ottimismo, programmando manovre di Bilancio espansive che consentono di investire in tutti i settori strategici, promuovendo la valorizzazione del nostro grande patrimonio immobiliare, sostenendo la ricerca e proseguendo sulla strada del reclutamento di giovani studiosi,  ampliando i servizi a favore degli studenti e infine sviluppando politiche per l’internazionalizzazione, anche attraverso la possibile realizzazione di una foresteria dell’Ateneo, che è tra le priorità di cui abbiamo più bisogno.

Tutti voi - cari colleghi che oggi ricevete le insegne dell’Ordine del Cherubino e la nomina a Professori Emeriti - avete senza ombra di dubbio contribuito in misura significativa a creare questa positiva caratterizzazione del nostro Ateneo. Le vostre biografie scientifiche e accademiche descrivono al meglio l’articolazione e la ricchezza della ricerca che si svolge all’Università di Pisa, e che fa sì che nelle più accreditate classifiche internazionali il nostro Ateneo sia stabilmente posizionato tra i migliori del Paese, e per alcuni settori risulti ai vertici delle graduatorie europee e mondiali.

I vostri studi, in ambiti disciplinari tra loro molto diversificati, costituiscono importanti punti di riferimento per la comunità scientifica nazionale e internazionale. Le collaborazioni che vi legano ad altre prestigiose istituzioni, università e centri di ricerca, testimoniano il significativo grado di apertura internazionale che caratterizza il nostro Ateneo e che sarà una delle leve fondamentali di sviluppo della conoscenza e del sapere per gli anni a venire.

Il vostro esempio di scienziati e di docenti appassionati serve da guida per i giovani che hanno intrapreso o vogliono intraprendere la faticosa, ma affascinante, strada della ricerca. È un ruolo di cui dovete essere orgogliosi, perché, in una fase difficile come quella attuale, noi tutti che operiamo all’interno delle università non possiamo non sentirci investiti di un forte senso di responsabilità verso le future generazioni. Agli studenti e ai giovani che guardano al nostro mondo come un punto di riferimento, dobbiamo riuscire a trasmettere – con la concretezza della nostra azione - la fiducia e l’entusiasmo per affrontare il futuro, non certo facile, che ci attende.

In quest’ottica, l’Ateneo è impegnato a fondo per consolidare la sua identità sul piano dell’innovazione e dell’eccellenza, avvertendo con forza, in quest’azione di cambiamento, la necessità di rimanere ancorato alla solidità della sua storia secolare e della sua tradizione.

Proprio in tale necessità si manifesta il senso più alto di questa cerimonia, con cui vogliamo festeggiare voi – care colleghe e cari colleghi che ricevete le insegne dell’Ordine del Cherubino e la nomina a Professori Emeriti; voi, nostri illustri Maestri, che avete contribuito a definire il prestigio di cui gode nel mondo l’Università di Pisa, creando le premesse per un futuro ancora più luminoso e ricco di successi.

Grazie.


Ultimo aggionamento documento: 12-Apr-2012