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I SEGNI DELLA GUERRA 01Nella mostra di Palazzo Blu I Segni della Guerra. Pisa 1915-1918: una città nel primo conflitto mondiale una sezione è dedicata all'Università di Pisa e fra i documenti esposti c'è la laurea honoris causa in giurisprudenza conferita al presidente americano Woodrow Wilson. Arnaldo Testi, prefessore Storia e Istituzioni delle Americhe dell'Ateneo pisano che ha appena svolto una conferenza a latere dell'esposizione, ci racconta le vicende legate a questo documento, una storia che, insieme ad altre, si trova anche nel suo blog shortcutsamerica.com.

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Nella bella mostra a Palazzo Blu su I segni della guerra. Pisa, 1915-1918: una città nel primo conflitto mondiale, ci sono anche alcuni segni di Woodrow Wilson. Un paio sono piuttosto noti, ne ha parlato Danilo Barsanti in un suo libretto e su questa stessa pagina, qualche anno fa. Si tratta della laurea honoris causa in giurisprudenza conferita dall'Università di Pisa al presidente americano, con un diploma datato 4 gennaio 1919. E della sua lettera autografa di ringraziamento al rettore David Supino, datata 30 gennaio 1919 e inviata da Parigi dove si trovava per la conferenza di pace.

Ai primi di gennaio del 1919 Wilson era in viaggio in Italia, accolto dall'entusiasmo popolare e anche da quello delle élite politiche e culturali. Era salutato come un salvatore per le idee nuove che aveva portato nella Grande guerra, e naturalmente per l'aiuto militare agli Alleati. Ricevette cittadinanze onorarie dalle città che visitò, e lauree onorarie da parecchie università. In un articoletto sull'Avanti! torinese Antonio Gramsci fece del sarcasmo: «tutta l'Italia è wilsoniana, tutta l'Italia dei caffè e dei salotti ... il wilsonismo è diventato l'autocoscienza della nazione».

La motivazione dell'Università di Pisa è questa: «il prof. Woodrow Wilson, dall'alto seggio di presidente degli Stati Uniti d'America ed in nome di quel libero popolo, tanto nobilmente ed efficacemente ha proclamato i principi di scienza e di giustizia, di civiltà e di umanità, professati dalla sua cattedra e nei suoi scritti». Ricorda quindi non solo l'uomo politico ma anche il collega di studi, che in precedenza era stato presidente di Princeton University e, prima ancora, docente di scienze politiche. Anzi, era stato uno dei fondatori della moderna scienza politica negli Stati Uniti.

L'entusiasmo durò poco. Quando a Parigi si cominciò a discutere della questione della Dalmazia e le pretese del governo italiano su quelle terre furono disattese, anche con l'attivo consenso di Wilson, molta opinione pubblica si raffreddò. Stava nascendo il mito della «vittoria mutilata». Le ragioni della politica nazionale e nazionalista presero il sopravvento su quelle dell'idealismo internazionalista, e Wilson divenne un nome pronunciato con astio. Come ricorda Barsanti, anche della moderata e prudente laudatio della laurea ad honorem dell'Università di Pisa non si parlò più.

La pergamena della laurea pisana e la lettera wilsoniana sono visibili in una teca al primo piano della mostra. Non lontano dalla teca c'è un terzo documento, meno evidente ma altrettanto interessante. Si tratta di manifesti colorati intitolati Egregio Signore con cui il rettore della parrocchia di S. Iacopo alle Piagge, il 1° dicembre 1918, si rivolge ai residenti del «nostro Sobborgo, il vecchio e laborioso Sobborgo di S. Michele degli Scalzi». E li invita a contribuire con le finanze e le opere alla preparazione di solenni festeggiamenti per la fine della guerra, per dire «Viva la Pace! Viva l'Italia!».

L'appello centrale è questo: «Tutti debbono concorrere, tutti debbono prender parte a questi festeggiamenti. Con ispirito sinceramente wilsoniano – quale ha dimostrato il grande Presidente degli Stati Uniti d'America – questi festeggiamenti avranno carattere profondamente patriottico e popolare – e abbracceranno manifestazioni civili e funzioni religiose. Nessuno dovrà trovarsi a disagio in essi; ma tutti trovarvi la vibrazione, il palpito dell'animo proprio, del proprio cuore – credenti e non credenti. L'unione sacra, fatta per la liberazione dallo straniero nella guerra, deve mantenersi per l'opera di affratellamento e di elevazione nella pace» (il grassetto è nell'originale).

Lo «spirito wilsoniano» ha braccia molto larghe, dunque, così come doveva averle il suo invocatore e firmatario del manifesto, Padre Domenico Pechenino. Il poco che so di lui (altri ne saprà di più) è significativo. Era arrivato a S. Iacopo alle Piagge da una quindicina d'anni, attivissimo e impegnato. Apparteneva alla congregazione degli Oblati di Maria Vergine, quella fondata di Bruno Lanteri. Nel 1919 ne fu eletto rettore maggiore, poi trasferito a Torino dove fu parroco di Nostra Signora della Pace. Qui nel 1932 organizzò un triduo di propiziazione per il felice esito della conferenza per il disarmo di Ginevra di quell'anno, per «una pace operosa e santa».

Arnaldo Testi
Storia e Istituzioni delle Americhe, Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

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