Inaugurazione dell'anno accademico 2004-2005

Sabato 29 gennaio nell'Aula Magna Nuova del Palazzo "La Sapienza" è stato inaugurato l'anno accademico 2004-2005, il 661° dalla fondazione dell'Università di Pisa.
Nel corso della cerimonia è stato conferito l'Ordine del Cherubino al prof. Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Istituto Europeo di Oncologia, motivato dagli "alti meriti scientifici e assistenziali in campo oncologico, in particolare nel trattamento e cura del carcinoma della mammella per il quale ha realizzato una tecnica rivoluzionaria, la quadrantectomia, e per aver profuso un impegno costante e meritorio nell'organizzazione del sistema sanitario".
La lezione magistrale del professor Veronesi, dal titolo, "Un modello di sperimentazione clinica di successo: l'evoluzione terapeutica dei tumori del seno" è disponibile in formato pdf.

Discorso inaugurale pronunciato dal rettore, Marco Pasquali

Professor Umberto Veronesi, autorità civili e militari, cari colleghi, membri del personale tecnico e amministrativo, studenti dei differenti corsi e dei diversi livelli, signore e signori,

I.

da molti anni ormai, ad ogni inaugurazione di anno accademico i Rettori sono costretti a richiamare una condizione di forte difficoltà nella quale le Università si trovano ad operare per perseguire i propri compiti istituzionali.
Difficoltà di ordine finanziario in primo luogo. La consapevolezza dell'esiguità delle risorse destinate alla formazione e alla ricerca (e alla ricerca e sviluppo) è diventata senso comune in larghi strati sociali del Paese, del quale l'Università rappresenta una realtà viva, partecipata e decisiva per il suo stesso avvenire e per la formazione delle future generazioni di cittadini e di gruppi dirigenti.

Tuttavia, oltre ai problemi legati alla nota insufficienza di risorse finanziarie, il 2004 è stato caratterizzato anche da una generale situazione di incertezza, che ha interessato lo stato del sistema universitario nazionale, e conseguentemente la nostra Università, da altri punti di vista: dal punto di vista normativo, relativo alle riforme universitarie - la ulteriore riforma degli ordinamenti didattici e la proposta di revisione dello stato giuridico - , dal punto di vista del mancato rinnovo del CUN, dal punto di vista del permanere delle condizioni di stasi derivate dal blocco delle assunzioni del personale docente e tecnico-amministrativo.

Per un solo aspetto tale complessiva incertezza sembra ora superata. Appena qualche mese fa, con la pubblicazione del decreto n. 270 del 22 ottobre 2004, si è concluso l'iter della modifica dell'ordinamento didattico universitario, caratterizzato adesso dall'introduzione del cosiddetto "percorso ad Y", che nei mesi scorsi aveva visto protrarsi una discussione su ipotesi i cui termini non sono sempre stati chiarissimi, e che aveva determinato un quadro di scarsa chiarezza e di disorientamento anche per gli studenti e le loro famiglie.

Gli interrogativi e le perplessità circa l'adeguatezza delle misure correttive adottate dal nuovo regolamento e i rischi ad esse legate di pregiudicare gli effetti della precedente riforma - della quale stiamo ancora in parte realizzando le implicazioni, in parte studiando e valutando i risultati - rimangono, nonostante tutto, fondati.

Il 2004 è stato caratterizzato da un moto di protesta che ha coinvolto tutte le Università - esteso e sentito come non si vedeva da tempo - rivolto contro il disegno di legge delega sullo stato giuridico dei docenti, che ha visto i Rettori prendere posizione in prima persona e attraverso la CRUI, con la richiesta al Ministro Moratti di sospendere l'iter parlamentare della riforma.

Non si tratta, certamente, di lasciare invariata la situazione nel mondo universitario: il quale - nonostante i notevoli cambiamenti avvenuti nella società, nelle Università e nello stesso quadro legislativo che da oltre un decennio ha ormai messo in primo piano l'autonomia - è rimasto, per quanto attiene allo stato giuridico del personale, pressoché immutato; ma si tratta di operare con saggezza sulla strada del rinnovamento, riconoscendo all'Università la fiducia che merita e cercando soluzioni razionali e condivise. Lo strumento più idoneo è non una legge delega, tanto meno una continua decretazione, bensì una legge ordinaria.

Non è certamente un segnale della volontà di cercare soluzioni razionali e condivise, il decreto legge del Consiglio dei Ministri del 21 gennaio appena trascorso, con il quale si dispone che la programmazione triennale per il fabbisogno del personale delle Università dovrà essere sottoposta al giudizio del MIUR entro il 31 marzo 2005.

La nota con la quale il Ministro comunica queste nuove disposizioni prefigura un trasferimento della potestà di programmazione delle Università al Ministero, poiché vi si riferisce di criteri che verranno adottati dal Ministro stesso in sede di valutazione. Nel frattempo le Università dovranno sospendere tutte le procedure concorsuali per la selezione di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo indeterminato e determinato, non avviate entro il 31 dicembre 2004. Appare evidente che ciò vanifica del tutto l'autonomia delle Università e rende privo di significato il riferimento al concetto stesso di programmazione da parte loro.

II.

L'inaugurazione dell'anno accademico, oltre a stabilire l'inizio ufficiale delle attività didattiche, è tradizionalmente anche il momento nel quale il Rettore rende conto di ciò che è stato compiuto e realizzato nell'anno precedente, e degli impegni e del programma del governo dell'Ateneo per l'anno che viene.

Contrariamente all'abitudine molto spesso in uso nei discorsi inaugurali, di esordire con riflessioni riguardanti la didattica e la ricerca (che pure rappresentano la ragione stessa dell'esistenza dell'Università), nel rappresentarvi le iniziative più significative intraprese e portate a conclusione nel 2004 desidero cominciare, quest'anno, dal tema della 'politica del personale', premessa importante per il funzionamento di ogni Ateneo e strumento di ogni sua attività di produzione e promozione culturale, di formazione e innovazione formativa, di attività di ricerca e di «ricerca e sviluppo».

Pur operando nelle condizioni date, di difficoltà e ristrettezze che sono ben note e che ho richiamato sopra, l'Università di Pisa si è impegnata a definire un bilancio di previsione per il 2005 volto da un lato a contenere le spese di funzionamento gestite dall'amministrazione centrale e dalle strutture didattiche, scientifiche e di servizio, ma volto dall'altro anche a incentivare iniziative di sviluppo dell'Ateneo.

Sul versante delle spese, gli investimenti relativi alle risorse umane - che riguardano sia il personale a tempo indeterminato che quello a tempo determinato - assorbono completamente l'entrata del Fondo di Finanziamento Ordinario (107%), che dovrebbe servire a coprire non solo le spese di personale, ma anche quelle di funzionamento delle Università.

Le spese stipendiali sono ovviamente comprimibili solo attraverso una politica di lungo respiro che preveda scelte volte a ottimizzare l'impiego del personale tecnico-amministrativo e il necessario ricambio generazionale del corpo docente.

A guidare le scelte operate fino a oggi nell'Ateneo, prima ancora che una programmazione condizionata solo dai vincoli di bilancio, è stata una riflessione più generale che ha riguardato l'organico in funzione e il suo effettivo impiego rispetto alle esigenze delle attività formative, oltre che a quelle delle attività di ricerca.

Benché non siamo ancora in grado di valutare quale effettiva percentuale dei laureati triennali frequenterà un Corso di Laurea specialistica, i dati relativi alle immatricolazioni rappresentano un elemento abbastanza stabile ai fini di una programmazione pluriennale.

Ritengo che l'attuale numero di docenti sia congruo e debba essere mantenuto, ma con alcuni obiettivi: abbassare, per mezzo del reclutamento, l'età media del corpo docente, perseguire un modello di ripartizione del personale docente tra le tre fasce rispondente al criterio appena enunciato e potenziare aree culturali, talvolta fortemente interdisciplinari, che hanno acquisito negli ultimi anni rilevanza e dignità scientifica paragonabili a quelle di aree culturali di consolidata tradizione.

Sono convinto che questo sia l'unico percorso praticabile affinché l'Ateneo non si trovi impreparato tra 5-10 anni, quando molti degli attuali docenti lasceranno il servizio. Questo obiettivo deve essere perseguito dall'Università nel suo complesso e tutte le aree culturali devono avere l'opportunità di perseguirlo attraverso una gradualità e una continuità nel reclutamento di giovani.

Già nel 2003 avevo disposto l'assegnazione di posti alle Facoltà e l'apertura dei bandi di valutazione per i ricercatori ex-tecnici laureati, ai sensi della legge 4/99, i cui concorsi si sono regolarmente svolti nel 2004.

Aggiungo anche che dal 1° gennaio 2004 sono stato assunti 45 ricercatori a tempo indeterminato, e ciò a seguito dello sblocco delle assunzioni previsto dalla finanziaria 2003 per i soli ricercatori vincitori dei concorsi conclusi entro il 31 ottobre dello stesso anno.

Con l'approvazione della legge finanziaria per il 2005, l'Università di Pisa ha mantenuto fede all'impegno preso di assumere tutti i ricercatori, i professori idonei chiamati dalle Facoltà e il personale tecnico-amministrativo vincitore di concorso. Le nomine del 30 dicembre 2004 (assunzioni in deroga) hanno riguardato 29 ordinari e 44 associati, quelle del 1° gennaio 2005 (sblocco assunzioni reso possibile dalla legge finanziaria) hanno riguardato 24 associati, 36 ricercatori e 22 tecnici-amministrativi. Il reclutamento del personale tecnico-amministrativo, la cui attività è fondamentale per il buon funzionamento dell'Ateneo, era stato bloccato per tre anni.

In aggiunta, con una delibera del Senato Accademico dello scorso settembre, è stata autorizzata l'emanazione dei bandi relativa a tutte le altre procedure richieste dalle Facoltà, che riguardano complessivamente 4 posti di professore ordinario, 14 di professore associato e 61 di ricercatore.

Ancora, per assicurare il necessario ricambio generazionale, garantendo continuità alla ricerca e al reclutamento di giovani e, nella misura del possibile, prospettive di carriera a chi già opera nell'ambito universitario, è stata introdotta la figura del "ricercatore in formazione", istituita con decreto rettorale il 17 settembre 2004, al termine di un lungo lavoro iniziato nel 2003. Il Senato Accademico, con la delibera del 26 ottobre 2004 ne ha poi fissato le linee di attuazione, invitando le strutture a fare le richiesta dei posti necessari che, per l'anno 2005, risultano complessivamente 35.

È questa una delle iniziative più significative intraprese dall'Ateneo e dirette alla permanenza nell'Università dei giovani più dotati, soprattutto nei settori nei quali è più forte la concorrenza per mantenerne la presenza. Perché, non mi stancherò mai di ripeterlo con forza, l'unico futuro possibile dell'Università è fondato sulla ricerca e su quanti hanno capacità e volontà di coltivarla.

Infine il Senato Accademico, nella seduta del 7 dicembre 2004, ha approvato la previsione di contratti di collaborazione per la didattica e la ricerca con docenti che - avendone maturato il diritto - scelgano volontariamente di anticipare la data di pensionamento; questo consentirà di favorire il ringiovanimento dell'organico prima che abbia luogo il congruo numero di pensionamenti degli anni 2009-2014.

III.

Una buona Università si riconosce a partire dalla vivibilità e dal funzionamento delle sue strutture. La disponibilità di strutture edilizie adeguate per lo svolgimento delle attività istituzionali è infatti una condizione necessaria ai fini del mantenimento dell'elevata qualità dell'Ateneo.

In ciascuno degli anni 2003 e 2004 il bilancio di Ateneo ha destinato all'edilizia nel suo complesso 25 milioni di euro.

Si tratta di una cifra significativa se si considera che - fatto salvo l'Accordo di Programma, siglato nel 2001 e valido per un decennio, che prevede il finanziamento da parte del MIUR del 50% delle spese relative agli interventi di maggior portata nel settore edilizio, dall'acquisto di immobili alla realizzazione di poli didattici, fino alle ristrutturazioni di particolare rilievo - essa significa un impegno di fondi propri, certo superiore a quelli destinati agli stessi scopi da Atenei confrontabili, per dimensioni, con il nostro.

Il programma di attività edilizia che è stato portato avanti ha riguardato sia il completamento di alcuni cantieri edili che l'avvio di nuove e importanti iniziative.

Fra i diversi interventi, voglio ricordare la nuova Presidenza della Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (Edificio "E" del Polo Fibonacci), con un Polo Didattico e una grande Aula Magna capace di ospitare fino a 500 persone; la conclusione dei lavori di ristrutturazione all'Orto Botanico, premessa della sua riapertura al pubblico; la realizzazione della nuova Gipsoteca nella Chiesa di San Paolo all'Orto, che libererà spazi nel Collegio Ricci.

Sono stati inoltre aperti i cantieri per la ristrutturazione del Palazzo Venera e del Palazzo della Carità, entrambi dell'area umanistica, e sono stati aggiudicati i lavori per la ristrutturazione degli edifici di Via Derna (Dipartimento di Scienze dell'Uomo e dell'Ambiente), dell'ex Albergo Marzotto (Dipartimento di Matematica Applicata) e della Certosa di Calci (Museo di Storia Naturale).
Nel corso del 2004, inoltre, è stato realizzato il trasferimento in proprietà all'Università di Pisa di numerose strutture demaniali, già attribuite in uso (ricordo qui la Tenuta di Tombolo e San Piero a Grado), ciò che ha spinto l'Ateneo a impostare una nuova politica di gestione delle risorse immobiliari, con gli obiettivi di rimuovere ogni fonte di diseconomia e di ridurre al minimo le situazioni di sottoutilizzo.

In aggiunta alle risorse provenienti dal bilancio dell'Università, il Consiglio di Amministrazione ha autorizzato il ricorso a un'anticipazione bancaria a sostegno di progetti in parte programmati da tempo, in parte dettati da esigenze ravvisate recentemente, la cui realizzazione mediante il bilancio ordinario potrebbe altrimenti avvenire in tempi così lunghi da vanificare le prospettive per le quali sono stati concepiti.

In sede di bilancio preventivo 2005 è stata dunque decisa un'apertura del credito di 8 milioni di euro che permetterà di dare inizio ad interventi previsti dal piano edilizio triennale. Il piano triennale prevede: nell'ambito del Complesso ex-laboratori Guidotti, la ristrutturazione di un edificio destinato ad accogliere il Dipartimento di Storia delle Arti e l'edificazione di un Polo Didattico, in particolare per l'area biologica; la realizzazione del Polo Didattico di Economia e di Agraria; il secondo lotto del Dipartimento di Clinica Veterinaria a San Piero a Grado, il terzo lotto delle strutture dipartimentali dell'area Sheibler; la nuova sede del Dipartimento di Chimica e Chimica industriale; il Centro Grandi Attrezzature con l'annesso laboratorio; la Biblioteca di Letteratura e Linguistica; i nuovi insediamenti della Facoltà e dei Dipartimenti di Medicina e Chirurgia a Cisanello; il Polo Didattico a Collegio Ricci; il Polo Didattico dei Palazzi Boileau e Curini Galletti. Il programma edilizio triennale approvato in sede di bilancio preventivo 2005 prevede inoltre l'attuazione, tramite il project financing, di una foresteria/collegio dottorale che accolga dottorandi e professori visitatori: una assoluta necessità, perché si creino le condizioni per effettivi soggiorni di studio-ricerca presso il nostro Ateneo.

Benché la Finanziaria 2005 abbia previsto un lieve incremento dell'FFO per le Università, i problemi finanziari per il 2005 rimangono comunque piuttosto seri.

L'incremento di nostra pertinenza non è infatti sufficiente ad azzerare il disavanzo di competenza. Pur conservando le speranze in una continua ed espansiva politica di finanziamento dell'Università pubblica da parte del Governo - quest'anno appena accennata -, l'Università di Pisa dovrà impegnarsi a portare avanti, anche per il 2006, lo sforzo di contenimento e qualificazione della propria spesa.

IV.

Anche il nostro impegno finanziario per la didattica in generale è risultato accresciuto: in aggiunta al finanziamento delle attività ordinarie, l'Università si è impegnata a sostenere con i fondi del bilancio di Ateneo la spesa per i coordinatori didattici e per il completamento dell'accreditamento dei corsi di studio e il servizio di certificazione dell'abilità informatica (ECDL), attività che dal 2005 non saranno più finanziate con i fondi ministeriali di CampusOne.

La riforma degli ordinamenti didattici realizzata dall'Università di Pisa in base al decreto ministeriale 509/99 entra quest'anno nella sua fase conclusiva, con la messa in atto delle ultime Lauree specialistiche: Scienze per la pace: cooperazione allo sviluppo, mediazione e trasformazione dei conflitti (interfacoltà), Progettazione e pianificazione delle aree verdi e del paesaggio (Facoltà di Agraria), Scienze delle professioni sanitarie della riabilitazione e Scienze delle professioni sanitarie tecniche assistenziali (Facoltà di Medicina e Chirurgia, in consorzio con le Università di Firenze e di Siena).

La realizzazione di tale riforma si è compiuta rapidamente nel nostro Ateneo: risultati importanti sono stati ottenuti grazie al grande impegno delle Facoltà e dei docenti, come è stato ricordato anche nel corso dell'ultima riunione del Corpo Accademico dedicata al tema della didattica.

Con quella riunione abbiamo avviato una riflessione sull'applicazione della riforma nell'Ateneo, per valutare in quale misura gli obiettivi che ci eravamo dati siano stati raggiunti e immaginare quali azioni e strategie correttive potrebbero essere eventualmente intraprese per un loro pieno raggiungimento. Quella riunione ha costituito anche un punto di partenza significativo per riflettere, in modo autonomo e consapevole, sulle modifiche che saranno richieste dal nuovo decreto sull'autonomia didattica emanato dal Ministero, modifiche che ci vedranno nuovamente e a lungo impegnati in un prossimo lavoro di revisione.

Uno dei dati più confortanti riguarda la forte crescita dei nostri immatricolati. I dati elaborati dall'Ufficio statistica e valutazione dell'Ateneo confermano infatti la tendenza già evidenziata nei mesi precedenti e segnalano una crescita di quasi 20 punti percentuali rispetto al precedente anno accademico.

Dopo anni di crescita costante, ma lenta, questi numeri rappresentano un risultato senz'altro lusinghiero, perché confermano la notevole capacità di attrazione dell'Università di Pisa, che può vantare una solida tradizione in tutti i settori, con alcune punte di assoluta eccellenza sia nel campo della didattica che della ricerca. Un tale risultato premia, del resto, una realtà accademica che ha saputo affrontare i cambiamenti degli ultimi anni con serietà e rigore.

Ci confortano anche i dati relativi ai Corsi di Laurea specialistica, che indicano una crescita di circa mille immatricolati rispetto all'anno scorso; si tratta ovviamente di cifre che dovranno essere verificate nel prossimo futuro, dato che le Lauree specialistiche sono entrate a pieno regime solo in questo anno accademico, con l'iscrizione dei primi studenti che avevano iniziato la Laurea triennale nel primo anno della riforma universitaria del "3+2".

Rispetto allo scorso anno, tutte le nostre Facoltà hanno avuto un bilancio ampiamente positivo; ma è su alcuni dati, in particolare, che vorrei richiamare la vostra attenzione: da una parte la crescita dei corsi di studio interfacoltà, a testimonianza dello sforzo del nostro Ateneo a costruire percorsi interdisciplinari, conformemente allo spirito della riforma; dall'altra, il fatto che i corsi di studio di area scientifica hanno registrato nella nostra Università un buon livello di immatricolazioni anche per questo anno accademico, e ciò a differenza da una tendenza diffusa a livello nazionale che ha visto una considerevole diminuzione delle immatricolazioni per questi corsi, tale da aver indotto il Ministero a prevedere delle misure di incentivazione per l'iscrizione ad essi.

Un altro dato soddisfacente riguarda la diminuzione del numero degli abbandoni dei nostri studenti - scesi dal 27% del 2000/2001 al 19,24% del 2003/2004 -, abbandoni che costituivano uno degli aspetti negativi dell'Università italiana che la riforma si proponeva di migliorare. Questo risultato è in parte dovuto alla maggiore attenzione rivolta a delle specifiche iniziative che abbiamo messo in atto, di orientamento e di consulenza per gli studenti, e ai corsi iniziali di recupero dei debiti formativi.

L'Università di Pisa è dunque complessivamente cresciuta e ha ampliato la propria offerta formativa: i corsi attivi nel 2004/2005 sono in totale 156, dei quali 84 sono Corsi di Laurea triennali (78) e di Laurea specialistica a ciclo unico (6) e 72 i Corsi di Laurea specialistica biennali.

Ma la novità più significativa riguarda l'istituzione dei "Percorsi di eccellenza", attivati principalmente per stimolare gli studenti più motivati; sebbene questa scelta abbia sollevato alcune critiche, è opportuno considerare che essa è complementare alla istituzione di quelle attività di orientamento, consulenza e recupero che ho appena richiamato ed è rivolta ad accogliere in maniera diversificata i diversi tipi di studenti provenienti da differenti percorsi formativi nella scuola secondaria.

I "Percorsi di eccellenza" riguardano per il 2004/2005 alcune Facoltà: Ingegneria, Scienze Politiche, Farmacia, Medicina Veterinaria, Economia e hanno lo scopo di valorizzare gli studenti più meritevoli e di riaffermare che l'eccellenza non deve essere appannaggio solo di istituzioni speciali ad essa destinate, bensì deve nascere all'interno dei normali corsi di studio.

Ancora, abbiamo stipulato alcuni nuovi accordi con Istituzioni straniere per il rilascio di titoli congiunti di vario e diverso livello.

È nella formazione post-laurea, che lo spazio europeo della formazione superiore avrà uno dei luoghi di maggiore espansione; accanto alle Lauree specialistiche saranno infatti i Dottorati di ricerca, i Master e i corsi di alta formazione a tenere il campo.

Ciò risponde alle necessità di una società sempre più complessa che richiede competenze specialistiche e mirate alle concrete opportunità di lavoro, ma anche professionalità multidisciplinari in grado di portare a integrazione settori e ambiti diversi e in continuo aggiornamento.

Le Università, in quanto istituzioni deputate alla produzione e alla trasmissione delle conoscenze, sono state chiamate a rispondere a tali necessità e ad ampliare e diversificare in maniera considerevole la propria offerta formativa post-laurea.

Per l'anno accademico 2004/2005 all'Università di Pisa sono attivi 58 Corsi di Dottorato di ricerca, 27 Master di primo livello, 25 di secondo, 5 Master che si articolano in un primo e in un secondo livello, una Scuola di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario (SSIS), una Scuola per le Professioni Legali, 44 Scuole di specializzazione per l'area medica e 6 Scuole di specializzazione relative all'area dell'Archeologia, della Farmacia ospedaliera, della Fisica sanitaria, dell'Idrologia medica, della Patologia e clinica degli animali d'affezione e della Storia dell'arte.

Nell'area dell'alta formazione, l'Ateneo ha deciso di investire molto, in termini di risorse umane e finanziarie; una decisione confortata anche da dati che confermano la sua grande capacità di attrazione: degli oltre 1000 dottorandi, dei 320 assegnisti di ricerca e dei molti collaboratori che, a vario titolo, partecipano ai numerosi progetti di ricerca, il 40% è costituito da laureati che provengono da istituzioni diverse dalla nostra.

Seguendo l'esempio tracciato dalla Scuola di Dottorato in ricerche di base "Galileo Galilei", è stata istituita a Pisa la Scuola di Dottorato "Leonardo" che riunisce tutti i Dottorati dell'area scientifica dell'Ingegneria, mentre a Lucca, grazie a un consorzio del quale fa parte anche l'Ateneo, insieme alla Scuola Superiore Sant'Anna, al Politecnico di Milano, all'Università Luiss Guido Carli di Roma e alla Fondazione Lucchese per l'Alta Formazione e la ricerca, è stata istituita la Scuola di Dottorato IMT (Istituzioni Mercati Tecnologie) Alti Studi di Lucca, i cui Corsi prenderanno avvio nel mese di marzo.

La Scuola di Dottorato IMT Alti Studi di Lucca è stata istituita nell'ambito del piano triennale 2004-2006 del MIUR e rappresenta un buon esempio nel panorama italiano della formazione d'eccellenza su temi inerenti l'innovazione tecnologica. L'attenzione esclusiva ai programmi di Dottorato consente alla Scuola di realizzare la piena integrazione tra ricerca e insegnamento, dando forma a profili professionali innovativi per la ricerca e per il mercato del lavoro, delle imprese e delle istituzioni.

Costruita sul modello dei campus anglosassoni, nel senso della residenzialità, la Scuola di Dottorato IMT Alti Studi di Lucca offre cinque corsi di Dottorato: Sistemi politici e cambiamento istituzionale, Economia, mercati e istituzioni, Tecnologie e management dei beni culturali, Scienze e ingegneria dell'informatica e Scienza e ingegneria biorobotica.

Mi sembra importante sottolineare l'elevato numero di richieste, oltre 500, a fronte dei 75 posti disponibili (di cui 40 coperti da borsa di studio), pervenute da candidati di varie parti del mondo: segno della vocazione alla internazionalizzazione formativa della Scuola, destinata dunque a rappresentare un polo di attrazione per tutte le società caratterizzate da un forte avanzamento della ricerca oltre che un termine di confronto per l'alta formazione in generale.

V.

Come ricorderete, già nel discorso inaugurale dell'anno passato ho richiamato la centralità del tema della ricerca nel mio programma di lavoro come Rettore dell'Università di Pisa.
Anche adesso, in un periodo di generali incertezze che riguardano non solo le Università ma più diffusamente il Paese, continuiamo a puntare sulle attività di ricerca, che sono presupposto indiscutibile di una didattica qualificata, e continuiamo a mantenere alto il suo livello di finanziamento.

Per il prossimo anno accademico sono stati destinati alla ricerca 6,7 milioni di euro (di cui 3 milioni per il cofinanziamento dei progetti di interesse nazionale e 3,6 milioni di euro per la ricerca scientifica di Ateneo), diretti non solo alle preesistenti attività di ricerca, ma anche a nuove iniziative, quali progetti di ricerca in settori emergenti e di notevole rilievo sinora non sufficientemente finanziati, o quali brevettazioni, spin-off e trasferimento di tecnologie.

Una delle scelte più fruttuose compiute finora è stata quella di continuare a sostenere la ricerca con fondi di Ateneo, aumentando la quota di cofinanziamento per i progetti PRIN; il risultato di questa scelta è stato positivo a giudicare dal successo della nostra Università nella acquisizione di fondi per questi progetti. L'avere aumentato il cofinanziamento di Ateneo ha favorito le aree per le quali è oggettivamente più difficile acquisire fondi propri; in particolare nel biennio 2003-2004 si è assistito a un incremento del 40% nel cofinanziamento per le aree umanistiche-giuridiche-economiche-sociali.

L'impegno dell'Università di Pisa nella ricerca è stato premiato anche con il conferimento di un elevato numero aggiuntivo di borse di Dottorato - 49 in totale - nell'ambito del "Fondo a sostegno dei giovani dottorandi" che il Ministero, a partire dal 2004, riserva annualmente a dottorandi impegnati in ricerche relative all'area scientifico-tecnologica.

Come ho avuto modo di ricordare in diverse occasioni, la considerazione della ricerca, così come, naturalmente, la considerazione della didattica, comportano ormai irreversibilmente una riflessione e un'attività intorno al tema della valutazione.
L'esistenza di un finanziamento pubblico come principale sostegno degli Atenei, in condizioni di accresciuta libertà e autonomia, implica infatti che essi debbano assumersi la responsabilità delle proprie scelte e della propria politica di sviluppo, e che siano capaci di renderne conto in termini di risultati quantitativi e qualitativi.

A tale riguardo alcuni passi importanti sono stati compiuti.

L'anno appena concluso ha visto un grande impegno dell'Ateneo nell'ambito della procedura avviata dal CIVR per la valutazione della ricerca del triennio 2001-2003 (sul modello RAE del Regno Unito). Il nostro impegno ha coinvolto docenti, Direttori di Dipartimento, Commissioni scientifiche e in particolare i loro Presidenti, che desidero qui ringraziare vivamente per il delicato e complesso lavoro svolto con grande equilibrio e senso di appartenenza all'Istituzione.

L'indagine ha permesso di delineare un quadro quanto più completo e rigoroso delle nostre attività di ricerca e di individuare, non senza difficoltà, prodotti di assoluto rilievo: moltissimi sono infatti i lavori di alto livello che si collocano nel panorama della produzione scientifica internazionale.

I dati forniti e le analisi svolte dal Nucleo di valutazione interna, che pure ringrazio vivamente, ci offrono il quadro di una Università in grado di produrre ottimi risultati nella ricerca, con un'alta qualità media di servizi forniti, con un vivace tessuto di iniziative scientifiche, tecnologiche e culturali, con capacità di attrarre risorse umane e finanziarie.

Questi risultati ci impegnano a sostenere sempre e, insieme, a esaminare sempre criticamente le nostre attività di ricerca.

Mi preme sottolineare, ancora, l'impegno profuso, a vari livelli, nel trasferimento delle conoscenze derivanti dalla ricerca, grazie al sostegno e alla promozione di spin-off e brevetti e a un'attenta politica di presenza sul territorio (sia locale che nazionale) attuata attraverso convenzioni con imprese, partecipazione a Consorzi (circa trenta, oltre al ben noto Consorzio Pisa Ricerche), Poli Tecnologici (il Polo Scientifico e tecnologico dell'area livornese e quello di Navacchio) e la creazione di un Consorzio Incubatore per lo start-up di nuove imprese; il successo di questa politica è significato dall'elevato finanziamento della ricerca proveniente da enti esterni, in particolare imprese ed enti pubblici e privati, che corrisponde al 56% del finanziamento totale della ricerca - il 15% provenendo invece dall'Unione Europea e il restante 29% dal Ministero.

Accanto ai Consorzi e ai Poli Scientifici che ho appena nominato, desidero ricordare anche i due Centri di eccellenza di Medicina: il Centro di alta tecnologia per lo studio degli effetti di agenti nocivi, Ambienti e Sistemi Endocrino e Nervoso (AmbiSen) e il Centro per la chirurgia assistita al calcolatore (Endocas).

La costituzione di Consorzi e di Poli del genere di cui ho fatto cenno è uno dei frutti del rapporto positivo e proficuo della nostra Università con altri enti che operano sul territorio, un territorio che in molti casi è il nostro naturale ambito di riferimento più ravvicinato. Così come ne sono frutto la Scuola di Dottorato IMT Alti Studi di Lucca che ho richiamato in precedenza e la convenzione con la Promostudi di La Spezia, che garantirà la presenza continuativa di alcuni docenti presso il Polo Universitario spezzino, non solo per le attività di insegnamento, ma anche per le altre attività che caratterizzano la vita universitaria, ossia la ricerca e l'organizzazione. Una novità assoluta questa, nella storia dell'autonomia della nostra Università, in quanto per la prima volta avviamo questo tipo di collaborazione con un ente territoriale esterno alla Regione Toscana.

VI.

E tuttavia è opportuna qui una riflessione che ci impone di concepire il territorio in termini adeguati e sempre rinnovati.

Da molti anni ormai l'Italia sta perdendo capacità concorrenziale sui mercati internazionali, anche rispetto ad altri paesi facenti parte dell'Unione Europea.

Il rischio di un drastico ridimensionamento delle nostre capacità produttive in settori industriali, come l'informatica, la chimica e la farmaceutica, nei quali l'Italia aveva a lungo occupato un posto di rilievo a livello mondiale, è affatto concreto.

Per contrastare questa tendenza occorre investire di più in ricerca e formazione, piuttosto che ottenere tassi di produttività molto elevati da forze lavoro di livello modesto. Ciò richiede una strategia industriale di grande respiro, che può essere favorita da una intensificazione dei rapporti tra Università, Centri di ricerca e imprese. Questa esigenza, se ciò può essere vero ovunque, è particolarmente vera in Italia, dove si è a lungo pensato che soprattutto le piccole e medie imprese fossero portatrici di modernizzazione, in quanto capaci di adattarsi con maggiore rapidità ai mutamenti sempre più frequenti dei mercati internazionali. In realtà le piccole e medie imprese operano con maggiore successo in mercati di nicchia, mentre è soltanto sulla base di una certa dimensione, ovvero oltre una certa massa critica, che l'impresa può generare le risorse necessarie per investimenti in ricerca, innovazione e ammodernamento e per consistenti incrementi di produttività.
Appare sempre più chiaro che, in assenza di grandi imprese, vengono a mancare i requisiti per competere su scala globale.

La formazione accademica è ormai di necessità collocata in un processo di internazionalizzazione delle società e dell'economia, che ha per noi nell'integrazione europea il suo nucleo centrale. Essa è chiamata a dare un proprio contributo alla creazione di posti di lavoro che richiedono alta intensità di conoscenza, e un proprio apporto alla competitività internazionale alimentata dall'innovazione.

Si è ormai stabilito un parallelismo tra il mondo della produzione e quello dell'insegnamento e della ricerca: come il sistema produttivo di beni e servizi, così anche il sistema universitario si misura e concorre per un orizzonte sempre meno nazionale e sempre più globale.

L'intero sistema produttivo europeo rischia ritardi proprio su questo terreno, nel confronto non solo con le economie più avanzate, come gli Stati Uniti, ma anche con paesi emergenti, in Asia soprattutto, come l'India e la Cina in modo particolare. Colpisce che questi paesi si pongano ormai in concorrenza con noi non soltanto sul piano dei prodotti tradizionali ad alta intensità di lavoro, come i prodotti dell'industria automobilistica e tessile, ma anche sul piano dei prodotti caratterizzati da una forte componente di ricerca e innovazione.

È avendo presente questo nuovo orizzonte economico e culturale che l'Università deve oggi riuscire a conservarsi come Università, misurandosi con un territorio che ha confini geografici abbastanza indefiniti, ma è determinato dalle grandi industrie internazionali e le cui frontiere continentali si allargano dall'Europa verso una dimensione che è sempre più planetaria.

Dobbiamo oggi essere capaci di guardare a nuove parti del mondo, con lo stesso spirito con il quale fino a oggi abbiamo guardato all'Europa, entro quel processo di internazionalizzazione del sapere e delle conoscenze che deve rappresentare una missione per l'Università, costituendo, allo stesso tempo, un prerequisito della sua crescita.

VII.

Appena un anno fa, nell'ambito dell'istituzione delle Aziende Ospedaliere integrate con gli Atenei, ovvero delle Aziende Ospedaliere Universitarie, in accordo con il Piano Sanitario Regionale 2002-2004, venivano istituiti i Dipartimenti ad Attività Integrata. Essi sono stati l'esito di un impegno lungo e faticoso. Credo che il nostro atto costitutivo aziendale sia riuscito a salvaguardare, anche più che in altre realtà toscane, l'identità delle strutture universitarie.

Lo scopo finale della costituzione delle Aziende Ospedaliere Universitarie è quello di sviluppare la qualità e l'efficienza delle attività integrate di assistenza, di didattica e di ricerca, nell'interesse della tutela e della salute della collettività. Una sfida difficile, ma degna di essere affrontata, e mirata a produrre nuovi modi di formazione, ad arricchire le potenzialità della ricerca attraverso una rapida applicazione delle sue acquisizioni sperimentali e, soprattutto, a migliorare l'efficienza e la qualità delle prestazioni assistenziali.
Uno scopo che un anno fa poteva apparire soltanto immaginabile ha già iniziato a dare i suoi frutti: l'Università di Pisa ha recentemente sottoscritto un protocollo con l'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e con la Regione Toscana per la realizzazione di un progetto, finanziato dalla Regione, in materia di terapia genica e cellulare nel settore delle cellule staminali: un progetto potenzialmente apportatore di sviluppi nella ricerca di base, nella ricerca applicata e nella didattica in tale settore.

Che vi siano nella nostra Università le possibilità e le capacità di porsi sulla linea di frontiera più avanzata della ricerca contemporanea, è naturalmente per noi motivo di compiacimento e di vanto.

Apparirà significativa la scelta, che il Senato Accademico ha condiviso con me, di invitare il professor Veronesi a tenere, tra poco, una lezione magistrale per segnare l'inizio ufficiale delle lezioni dell'anno accademico 2004-2005.

E apparirà significativa la decisione, che il Senato Accademico ha parimenti condiviso con me, di conferire in questa occasione al professor Veronesi "l'Ordine del Cherubino".

La figura del professor Veronesi ci dice di una scienza che ha fatto del proprio approfondimento e della propria estensione il proprio fine, ma che ha anche fatto una vocazione del consapevole rapporto con la società e con le singole persone che la costituiscono.

A due giorni dalla ricorrenza del 27 gennaio, mi sembra giusto rammentare che la missione dell'Università non deve essere la pura e semplice produzione di saperi, bensì anche la considerazione critica degli stessi, dei loro fondamenti, dei loro scopi, dei loro usi, come parte di un inesausto interrogarsi circa l'autocomprensione etica della specie umana.

Mi sembra giusto ricordare che non è sempre stato così; che durante il secolo appena concluso negli stessi luoghi e negli stessi ambienti significativi avanzamenti della scienza hanno accompagnato e sostenuto un evento - un evento di sterminio, non di sacrificio - la cui specificità nessun revisionismo politico o storiografico potrà mai cancellare. Noi sappiamo che anche nelle Università italiane, purtroppo, numerosi scienziati e intellettuali sono stati conniventi con l'abominio delle leggi razziali del 1938 e delle loro conseguenze.

Quello che noi sappiamo deve essere conservato nella cultura dell'Università e l'Università deve trasmetterlo alle generazioni di giovani, di studenti, di studiosi, di operatori e di professori, onde una prevalente cultura del perdono non sia tradotta in una generale cultura dell'oblio.

Nello spirito di una missione così concepita, e nel solco di una memoria che vogliamo ogni anno rinnovata, dichiaro aperto l'anno accademico 2004-2005, 661° dalla fondazione.


Ultimo aggionamento documento: 27-Jun-2006